Il diritto dell’adottato – nato da donna che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata ex art. 30 comma 1 D.p.r. 396/2000 – ad accedere alle informazioni concernenti la propria origine e l’identità della madre biologica, sussiste e può essere concretamente esercitato anche se la stessa sia morta e non sia più possibile procedere alla verifica della perdurante attualità della scelta di conservare il segreto.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, accogliendo il ricorso di una donna, che si era vista rigettare la domanda di accesso alle informazioni sulle generalità della propria madre naturale – deceduta nel corso dell’istruttoria - la quale, alla nascita della ricorrente, aveva esercitato il diritto a mantenere l’anonimato.
Non è dunque corretto – a parere del Collegio – l’assunto dei giudici di merito, secondo cui, stante l’assenza di specifica disciplina, dal decesso della madre naturale non sia possibile desumere una revoca implicita della volontà di mantenere l’anonimato.
Il diritto all’identità personale del figlio, quindi – conclude la Cassazione con sentenza n. 22838 del 9 novembre 2016 – è da garantirsi con la conoscenza delle origini, anche dopo la morte della madre biologica.
Ma ciò non esclude, in ogni caso, la protezione dell’identità sociale costruita in vita da quest’ultima, in relazione al nucleo familiare e/o relazionale costruito dopo aver esercitato l’anonimato. Sicché il trattamento delle informazioni relative alle proprie origini, deve essere sempre eseguito in modo corretto e lecito, senza cagionare danno, ossia, all'immagine e alla reputazione di eventuali terzi interessati.
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