Il contribuente, il sostituto ed il responsabile di imposta, ai sensi dell’art. 6 D.Lgs 472/1997, non sono punibili quando dimostrano che il mancato pagamento del tributo non sia stato eseguito per fatto esclusivamente addebitabile a terzi e denunciato all'autorità giudiziaria.
Detta normativa non riguarda tuttavia il disposto di cui all’art. 19 comma 3 D.Lgs 546/1992, che limita l’autonoma impugnabilità degli atti ivi individuati, quali la cartella di pagamento, solo per vizi propri.
Perciò si ritiene che l’infedeltà dell’intermediario che, incaricato del pagamento dell’imposta e della trasmissione della dichiarazione dei redditi, ometta di provvedervi, quand'anche accertata in sede penale, non esonera il contribuente dal pagamento dell’imposta medesima, rimanendo non dovuti soltanto gli intessi e le sanzioni.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, accogliendo il ricorso di un contribuente che aveva ricevuto una cartella di pagamento riferita ad un avviso di accertamento, divenuto definitivo in quanto il professionista incaricato aveva presentato tardivamente l’istanza di adesione.
Nonostante i principi sopra enunciati, la Suprema Corte ha escluso la punibilità del ricorrente, accogliendo la doglianza sull'omessa pronuncia, da parte dei giudici di merito, circa la eventuale sussistenza dei requisiti previsti dalla norma per escludere le sanzioni.
E tra dette cause di non punibilità, è verosimile che vi rientri – conclude la Corte con ordinanza n. 12620 del 17 giugno 2016 – anche l’ipotesi de quo, ovvero l’avvenuta definitività dell’accertamento per la tardiva presentazione dell’istanza di adesione per colpa del professionista, penalmente denunciata.
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