Con sentenza n. 3182 del 2 febbraio 2022, le Sezioni Unite civili della Cassazione si sono pronunciate in tema di acquisizione di documentazione extracontabile nell'ambito dei procedimenti di accertamento delle imposte.
La vicenda all'attenzione del massimo Collegio di legittimità, riguardava un avviso di accertamento relativo alla ripresa a tassazione di maggiore Irpeg, Irap e Iva emesso a carico di una Spa sulla base degli elementi raccolti nel corso di una verifica fiscale svolta all'interno dei locali in cui la società aveva la propria sede.
Durante la verifica, era stata rinvenuta della documentazione extracontabile all'interno di una valigetta dell'amministratore delegato, attestante l'importo reale delle rimanenze di magazzino, parte delle quali non contabilizzate.
La contribuente aveva dedotto l'illegittimità dell'acquisizione della predetta documentazione extracontabile, rinvenuta nella borsa del manager senza autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
La CTR, per contro, aveva giudicato che non si trattasse, nella fattispecie, di apertura coattiva secondo il presupposto di cui all'art. 52 del DPR n. 633/1972, in quanto la valigetta era stata consegnata spontaneamente e senza coercizione.
Inoltre, la mancata informazione, al momento dell'accesso, della facoltà di farsi assistere da un professionista di fiducia, non poteva essere sanzionata in mancanza di specifica previsione normativa in tal senso.
Da qui il ricorso per cassazione della società contribuente, al quale aveva resistito l'Agenzia delle Entrate.
Nel corso del giudizio di legittimità, la Sezione civile di Cassazione investita della causa, aveva ravvisato l'esistenza, sulla questione, di orientamenti interpretativi di segno opposto ed aveva quindi trasmesso gli atti adi causa al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Alle SSUU, ciò posto, era stata trasmessa ordinanza interlocutoria con cui era stato chiesto:
Le Sezioni Unite della Corte, dopo un'ampia disamina sul quadro normativo di riferimento, si sono dedicate all'attività esegetica delle previsioni normative indicate, definendo, segnatamente, la rilevanza del comportamento tenuto dal contribuente, gli strumenti di garanzia che vanno riconosciuti in sede di accesso e verifica fiscale nonché, infine, se vi siano conseguenze, sotto, il profilo della utilizzabilità della documentazione acquisita, nel caso di inosservanza degli obblighi di garanzia posti a tutela del contribuente.
Secondo gli Ermellini, in primo luogo, il contegno del contribuente che presta volontariamente il consenso all'apertura della borsa rinvenuta nei locali, rende possibile l'acquisizione del suo contenuto da parte dell'Ufficio, anche in assenza dell'autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
Di seguito, lo specifico principio di diritto formulato in proposito:
"In tema di accertamento delle imposte, l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica all'apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti e mobili in genere, prescritta in materia di Iva dall'art. 52, comma 3, del DPR n. 633 del 1972 (e necessaria anche in tema di imposte dirette, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 33 del DPR n. 600 del 1973), è richiesta soltanto nel caso di "apertura coattiva", e non anche ove l'attività di ricerca si svolga con il libero consenso del contribuente".
A seguire, la Corte ha spiegato che la mancata informazione sulla possibilità di farsi assistere da un difensore non può essere valorizzata a tal punto da "supplire" al deficit normativo esistente in tema di obbligo di informazione del contribuente "del diritto di non aprire la borsa".
Da qui il seguente principio di diritto:
"In tema di accertamento delle imposte, con riguardo all'apertura di pieghi sigillati, borse, casseforti e mobili in genere, prevista in materia di Iva dall'art. 52, comma 3, del DPR n. 633 del 1972, ai fini della valida espressione del consenso alla apertura della borsa non è necessario che il contribuente sia stato informato della sussistenza di una previsione di legge che, in caso di sua opposizione, consente l'apertura coattiva solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica, non rinvenendosi un obbligo in tal senso nell'art. 52 cit. e neanche nell'art. 12, comma 2, della Legge n. 212/2000".
Una soluzione, quest'ultima, che assorbe anche l'esame del terzo quesito prospettato nell'ordinanza interlocutoria.
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