56 giuristi contro riforma costituzionale

Pubblicato il 25 aprile 2016

Rischio di nuove disfunzioni

Dinnanzi alla prospettiva che la riforma costituzionale (che abolisce il Senato elettivo, sostituendolo con una Camera delle rappresentanze territoriali e riscrive il Titolo V della Costituzione) sia prossimamente sottoposta a referendum popolare, 56 giuristi (docenti e studiosi di diritto costituzionale), in aprile 2016, hanno sottoscritto un Documento, in cui esprimono alcune valutazioni critiche sul progetto di riforma.

Pur condividendone gli intenti di miglioramento delle istituzioni, gli stessi si dicono preoccupati del fatto che il progetto in questione – visti i contenuti, le modalità di esame ed approvazione -  possa piuttosto costituire fonte di nuove disfunzioni.

Riforma frutto di maggioranza ondeggiante

Per prima cosa, i giuristi lamentano come la riforma sia il risultato di una maggioranza (tra l’altro variabile ed ondeggiante) prevalsa nel voto parlamentare, anziché il frutto di un consenso maturato tra forze politiche. Ed addirittura la sua approvazione referendaria viene presentata agli elettori come determinante per la permanenza in carica del Governo.

Viceversa, si legge nel Documento, la Costituzione e le sue riforme dovrebbero essere patrimonio comune il più condiviso possibile e non il risultato del prevalere contingente di alcune forze politiche su altre.

Senato indebolito

Entrando poi nel merito del progetto, secondo i giuristi, l’obiettivo largamente condiviso del superamento del c.d. bicameralismo perfetto, è stato perseguito in modo incoerente e sbagliato.

Invece di dar vita ad una seconda Camera che sia reale espressione delle istituzioni regionali, si è infatti venuto a configurare un Senato estremamente indebolito, che non avrebbe poteri effettivi nell'approvazione di molte leggi rilevanti per l’assetto regionalistico, né funzioni che ne facciano un valido strumento di concertazione Stato- Regioni.

Pluralità di procedimenti legislativi Più incertezze

Ulteriore effetto secondario di detta riforma, consiste nella configurazione di una pluralità procedimenti legislativi differenziati (a seconda delle diverse modalità di intervento del nuovo Senato) che darebbero origine a maggiori incertezze e conflitti.

Regioni con meno autonomia

Altro aspetto negativo – si legge ancora nel Documento – è dato dal fatto che l’assetto regionale ne uscirebbe fortemente indebolito, attraverso un riparto di competenze che toglierebbe alle Regioni quasi ogni spazio di competenza legislativa, facendone organismi privi di reale autonomia e senza garantire adeguatamente i loro poteri e responsabilità anche sul piano finanziario e fiscale.

 

 

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