Violazione distanze legali Danno in re ipsa

Pubblicato il 17 marzo 2017

E’ in re ipsa il danno che discende in sé, dalla intervenuta realizzazione di opere a distanza inferiore a quella di legge, con conseguente assoggettamento del bene a servitù.

E’ quanto deciso dalla Corte di Cassazione, seconda sezione civile, confermando la condanna di un costruttore - che aveva realizzato un opera nei pressi di un condominio, violando le distanze legali - al risarcimento dei danni in favore dei proprietari confinanti.

Danno da abusiva imposizione di servitù

Il Collegio Supremo, con sentenza n. 6853 del 16 marzo 2017,  si rifà, in proposito, al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal codice civile o dalle norme integrative dello stesso (quali i regolamenti edilizi comunali) al proprietario confinante che lamenti tale violazione compete sia la tutela in forma specifica, sia la tutela risarcitoria. Il danno che questi subisce, in particolare – essendo l’effetto certo ed indiscutibile dell’abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo, con conseguente limitazione del relativo godimento – deve ritenersi in re ipsa, senza necessità, dunque, di una specifica allegazione probatoria.

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