In quale misura il divieto di discriminazione in base alla religione o alle convinzioni personali posto dal diritto dell’Unione europea - in particolare dalla direttiva 2000/78/CE - rende illegittimo il licenziamento di una dipendente musulmana praticante, motivato dal fatto che quest’ultima rifiuta di conformarsi alle istruzioni del datore di lavoro che le impongono di non indossare un velo o foulard quando si trova a contatto con i clienti dell’impresa?
E’ questa la controversa questione sottoposta alla Corte di giustizia europea, tramite le conclusioni dell’Avvocato generale Eleanor Sharpston, impegnato nella difesa di una donna di fede musulmana, licenziata da una ditta privata per non essersi conformata alle direttive impartite dal datore, di togliere il velo durante le mansioni a contatto con i clienti.
L’avvocato in questione – mediante conclusioni rese il 13 luglio 2016 nella causa C – 188/15 – ha ritenuto detto licenziamento discriminatorio, per cui non risultano a suo dire applicabili né l’articolo 4, paragrafo 1 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, né alcuna altra deroga al divieto di discriminazione diretta basata sulla religione o sulle convinzioni personali prevista dalla suddetta direttiva. Ciò vale a fortiori se la regola in questione si applica solo all'uso del velo islamico.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".