Il matrimonio celebrato all'estero è valido nel nostro ordinamento, quanto alla forma, se considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione.
Sulla scorta di detto principio di diritto, la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha ritenuto valido per l’ordinamento italiano, il matrimonio tra una cittadina italiana (che aveva prestato il proprio consenso via Skype) ed un cittadino pakistano, validamente celebrato in Pakistan secondo la legge di detto paese, non ostandovi alcun principio di ordine pubblico.
A nulla sono valse, in proposito, le opposizioni del Viminale, secondo cui le modalità di celebrazione del matrimonio – da parte dell’ufficiale pakistano, con la presenza del solo sposo, avendo la sposa partecipato al rito in via telematica - non avrebbero garantito la genuinità dell’espressione del consenso, rendendo l’atto non riconoscibile come matrimonio.
Invero secondo la Corte Suprema – con sentenza n. 15343 del 25 luglio 2016 - se l’atto matrimoniale è valido per l’ordinamento straniero, in quanto da esso considerato idoneo a rappresentare il consenso matrimoniale dei nubendi in modo consapevole, esso non può ritenersi contrastante con l’ordine pubblico solo perché celebrato in forma non prevista dall'ordinamento italiano.
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