Truffa e frode fiscale non si cumulano

Pubblicato il 31 marzo 2016

Il reato di emissione di fatture false e quello di truffa aggravata, si pongono in un rapporto di specialità, pertanto gli stessi non sono cumulabili ai fini della confisca, la quale va dunque revocata con restituzione dei beni sequestrati.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, accogliendo il ricorso di un imprenditore, avverso la sentenza con cui era stato condannato per entrambi reati (frode fiscale e truffa aggravata ex art. 640 comma 2 c.p.) in concorso con contestuale confisca.

Frode fiscale e truffa, rapporto di specialità  

In particolare, la Suprema Corte ha ribadito la tesi secondo cui il delitto di frode fiscale – nella specie di emissione di fatture per operazioni inesistenti – si pone in rapporto di specialità rispetto a quello di truffa aggravata, in quanto connotato da uno specifico artificio e da una condotta a forma vincolata. L’ulteriore elemento, costituito dall'elevato danno, non è sufficiente a porre le norme – quella tributaria e quella comune – in rapporto di specialità reciproca, perché il suo verificarsi è stato deliberatamente posto dal legislatore al di fuori della fattispecie oggettiva, rendendo così indifferente che esso si verifichi e postulandosi come necessaria soltanto la sussistenza del collegamento teleologico sotto il profilo intenzionale.

Manca l’identità naturalistica del fatto

Nell'affrontare il problema del concorso tra frode fiscale e truffa, inoltre, la Corte ha avuto modo di affermare che tra le due fattispecie, in parte coincidenti, non incorrerebbe neanche il rapporto di cui all'art. 15 c.p., in quanto mancherebbe la identità naturalistica del fatto al quale le norme si riferiscono, dal momento che l’una – la frode fiscale - richiede un artificio peculiare, l’altra – la truffa – necessita invece di elementi (induzione in errore e danno) indifferenti per il reato tributario.

Truffa assorbita nella frode fiscale

Sicché il rapporto tra le norme sarebbe risolvibile in base al principio di consunzione, in base al quale, per aversi concorso apparente di reati, sarebbe sufficiente l’unità normativa del fatto, desumibile dalla omogeneità tra i fini dei due precetti, che giustifica un trattamento sanzionatorio unitario. Questa operazione comporta un giudizio di valore, nel senso che una condotta resta assorbita dalla previsione dell’altra per cui è comminata la pena più grave

E nella fattispecie – conclude la Corte con sentenza n. 12872 del 30 marzo 2016 – l’applicazione di detti principi ha come conseguenza l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta configurabilità del concorso del delitto di truffa aggravata, in quanto assorbito nei reati di natura fiscale (sanzionati più severamente) con conseguente revoca del provvedimento di confisca 

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