Trattamento disumano nel centro d’accoglienza. Condanna per l’Italia

Pubblicato il 02 settembre 2015

La Corte europea dei diritti dell’uomo, con sentenza pronunciata il 1° settembre 2015 relativamente  alla causa Khlaifia e altri contro Italia, ricorso n. 16483/12, ha condannato il nostro Paese per la violazione degli articoli 5 (diritto alla libertà e sicurezza), 3 (proibizione della tortura) e 13 (diritto ad un ricorso effettivo) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nonché dell’articolo 4 (divieto di espulsioni collettive) del Protocollo n. 4 sul divieto di trattamenti disumani e degradanti, in una vicenda che riguardava tre cittadini tunisini, migranti irregolari sbarcati sulle coste italiane nel 2011, nel periodo degli avvenimenti legati alla “Primavera araba”.

I tre migranti, in particolare, erano stati trattenuti dapprima in un centro di accoglienza di Lampedusa, poi in delle navi nel Porto di Palermo e successivamente erano stati espulsi e rimpatriati in Tunisia.

I giudici di Strasburgo, pur tenendo conto della crisi umanitaria eccezionale che l’Italia aveva dovuto fronteggiare nel 2011 (erano 55 298 i migranti sbarcati in quel frangente), hanno comunque rilevato che i ricorrenti, oltre al fatto di non essere stati messi a conoscenza delle ragioni giuridiche della restrizione subita, senza, quindi, poterla contestare, avevano patito delle condizioni di detenzione (scarse condizioni igieniche, sovraffollamento e divieto di ogni contatto con l’esterno) che avevano minato la loro dignità.

La Corte ha inoltre ritenuto che i ricorrenti fossero stati oggetto di espulsioni collettive: ed infatti, la circostanza che fosse stata attuata una procedura di identificazione non era sufficiente, di per sé, per escludere l'esistenza di una espulsione nei termini indicati, posto che molti tunisini erano stati espulsi attraverso tali procedure semplificate.

L’Italia, in definitiva, è stata condannata a rifondere ad ognuno dei ricorrenti un indennizzo pari a 10mila euro.

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