Traduzioni nei processi: è sufficiente una lingua nota

Pubblicato il 18 maggio 2010
Nel testo della sentenza n. 18469 del 17 maggio 2010, la Cassazione - Sesta sezione penale - ha spiegato come, nel nostro ordinamento, lo straniero sottoposto a processo che non comprenda l'italiano abbia diritto ad un interprete che parli una lingua a lui conosciuta e comprensibile, ma non per forza ad un interprete di madrelingua.

Non solo. La sentenza – precisa la Corte - non è da ricomprendere nella categoria di atti rispetto ai quali la legge processuale assicura all'imputato straniero “alloglotta” il diritto alla nomina di un interprete per la traduzione nella lingua a lui conosciuta. La mancata traduzione, infatti, non è una causa di nullità della sentenza, potendo solo determinare l'eventuale differimento del decorso dei termini per l'impugnazione al momento in cui l'imputato abbia cognizione del contenuto della sentenza stessa.

Sulla base di tali considerazioni, la Corte ha respinto il ricorso presentato da un immigrato bulgaro che lamentava la mancata messa a disposizione di un interprete madrelingua. Lo stesso, in particolare, nel procedimento a cui era stato sottoposto, era stato affiancato da un interprete inglese che lui, comunque, ben capiva.
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