Tax credit affitti, la verifica dei Comuni calamitati spetta al contribuente

Pubblicato il 15 ottobre 2020

Dal decreto “Agosto” convertito ulteriori novità per il tax credit locazioni. In sede di conversione, infatti, andando ad incidere direttamente sul corpo dell’articolo 28 del D.L. n.34/2020, sono state apportate ulteriori modifiche alla norma già in essere. In primo luogo, si evidenzia una modifica all'articolo 28, comma 2 del decreto cd. “Rilancio”. Si tratta di una misura che - per le strutture turistico ricettive - innalza al 50% (in luogo del 30%) il credito d'imposta relativo all'affitto d'azienda. In particolare, qualora in relazione alla medesima struttura turistico ricettiva siano stipulati due contratti distinti, uno relativo alla locazione dell'immobile ed uno relativo all'affitto dell'azienda, il credito d'imposta spetta per “entrambi” i contratti. Così, ad esempio, se un albergo paga mensilmente per l’affitto d’azienda un corrispettivo di 8.000 euro e 3.000 euro per la locazione dell’immobile in cui svolge l’attività, lo stesso potrà beneficiare del tax credit per entrambi ossia avrà diritto ad un beneficio fiscale pari a 5.800 euro (ossia il 50% di 8.000 + il 60% di 3.000).  Resta fermo, invece, quanto stabilito nella versione originaria del decreto riguardo l’ambito soggettivo e quello temporale. Riguardo il primo aspetto, si rammenta che la platea dei beneficiari del credito d’imposta è stata allargata anche alle “strutture termali”. In sintesi, il bonus sarà ora fruibile, indipendentemente dal volume di ricavi e compensi registrato nel periodo d'imposta precedente, anche dalle strutture termali oltre che da quelle alberghiere e agrituristiche, dalle agenzie di viaggio e turismo e ai tour operator. Riguardo l’ambito temporale, viene stabilito che l’agevolazione è commisurata all’importo versato nel 2020 con riferimento: a) per le imprese ed i professionisti, anche al mese di “giugno” oltre che a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio; b) per le strutture turistico-ricettive con attività solo stagionale, anche al mese di “luglio” oltre che a ciascuno dei mesi di aprile, maggio, giugno. Ancora riguardo l’ambito temporale, in sede di conversione è stata apportata una ulteriore novità: per le imprese turistico ricettive, il credito d'imposta spetta sino al 31.12.2020. Così, per le imprese turistiche, ai mesi che erano già oggetto di agevolazione, si aggiungono quelli che vanno da agosto a dicembre. Occorre, tuttavia, segnalare, che la norma in esame subordina l’efficacia di dette disposizioni all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, par. 3 del TFUE.

Oltre alle novità apportate al D.L. n. 104/2020 (cd. decreto “Agosto”) convertito in tema di tax credit affitti, appare interessante porre l’attenzione sulle indicazioni fornite nel documento della Fondazione dei commercialisti-CNDCEC riguardo una elencazione dei comuni in stato di emergenza. Da tempo attendiamo che l’Agenzia delle Entrate ci fornisca indicazioni sul punto ma, al momento, non sembrano in agenda.

Il punto sulla deroga per i soggetti in Comuni colpiti da eventi calamitosi

Ai soggetti interessati dalla misura di cui all’articolo 28 del decreto cd “Rilancio” compete un credito d’imposta a “condizione” che nel mese di riferimento abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente. Tale condizione, però, è “derogata” in presenza di due espresse situazioni, ossia nel caso in cui:

Con una formulazione del tutto analoga a quella prevista dall’articolo 25 del decreto cd. “Rilancio”, la disposizione normativa richiede, anche per il tax credit affitti, i seguenti elementi:

  1. il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio dei comuni colpiti da un evento calamitoso per il quale sia stato dichiarato lo stato di emergenza (requisito territoriale);
  2. gli stati di emergenza dovevano essere ancora “in atto” alla data di dichiarazione dello stato di emergenza da covid-19 (al 31 gennaio 2020, Delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020);
  3. il domicilio fiscale o la sede operativa fiscale deve essere stabilita in tali luoghi a far data dall'insorgenza dell'originario calamitoso evento (requisito temporale). Nello specifico, l’inciso “a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso” contenuto nella norma lascia intendere che ai fini del riconoscimento del credito d’imposta in parola l’istante doveva avere domicilio fiscale/sede operativa nel Comune colpito dalla calamità già dalla data in cui la stessa si è verificata.

Possono, quindi, fruire del beneficio fiscale - a prescindere dalla sussistenza del calo di fatturato - i soggetti che avevano il domicilio fiscale o la sede operativa nei territori dei comuni colpiti da eventi calamitosi, i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla medesima data del 31 gennaio 2020. Obiettivo della deroga  è, dunque, riservare una maggiore tutela ai soggetti che, alla data d’insorgenza dello stato di emergenza da “covid-19” già versavano in condizioni di difficoltà a causa di altri eventi calamitosi che avevano colpito i Comuni di loro localizzazione e che, in quanto tali, avevano già comportato l’adozione da parte degli organi preposti di apposite delibere dello stato di emergenza, le quali erano ancora vigenti alla data di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale da coronavirus.

Tuttavia, manca ad oggi una lista completa dei Comuni interessati da tali eventi. La lista individuata nell’ambito delle istruzioni alla istanza al contributo a fondo perduto di cui all’articolo 25 del D.L. n.34/2020 ha natura meramente “indicativa e non esaustiva” e non rappresenta, quindi, un elenco tassativo cui riferirsi.  Nella circolare 22/E/2020 – sempre riguardo l’ambito di applicazione del contributo a fondo perduto – l’Agenzia richiama l’emanazione, da parte dei presidenti delle Regioni, di “apposite ordinanze commissariali” dirette alla individuazione dei Comuni interessati dallo stato di emergenza. E’ chiaro che, in mancanza di un elenco “ufficiale”, resta in capo al contribuente verificare la situazione in cui versava il Comune in cui ha il domicilio fiscale o la sede operativa prima della dichiarazione dello stato di emergenza da covid-19.

Resta fermo, poi, il dubbio (lecito) riguardo al criterio da applicare nel caso in cui un soggetto abbia domicilio fiscale in un comune non calamitato e sede operativa in un comune colpito da eventi calamitosi: in tale eventualità – nell’attesa che ci vengano forniti chiarimenti – aggrappandosi al fatto la congiunzione “o” tra domicilio fiscale e sede operativa lascia spazio alla alternatività tra le due situazioni, pare possibile accedere al beneficio in relazione a quello specifico contratto di locazione, nel rispetto di tutte le condizioni previste. Di recente, con un documento di ricerca, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti (FNC) ha cercato di dare le risposte che, ad oggi, non sono state fornite dall’Amministrazione Finanziaria. Con tale documento, pubblicato lo scorso 8 ottobre, è stato reso noto un “elenco” (in forma tabellare) – ancorché non esaustivo - degli eventi calamitosi per i quali al 31.01.2020 era in essere lo stato di emergenza.

Lo stato di emergenza

Prima di entrare nel merito della suddetta elencazione occorre fornire qualche indicazione circa la disciplina in materia di stati di emergenza. Questa, normativamente, la si ritrova nel D.Lgs.n.1/2018 (Codice della protezione civile) che all’articolo 24 dispone che “Al verificarsi degli eventi che, a seguito di una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile ..e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate, presentano i requisiti di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c) ... il Consiglio dei ministri […] delibera lo stato d’emergenza...”. Detto articolo 7 distingue diverse tipologie di “eventi emergenziali”, ovvero:

 

a)

le emergenze connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che possono essere fronteggiate mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria;

 

b)

le emergenze connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che per loro natura o estensione comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni e debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo, disciplinati dalle Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano nell’esercizio della rispettiva potestà legislativa;

 

c)

le emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari, da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell’articolo 24 del D.lgs. n. 1/2018.

La deliberazione dello stato di emergenza “nazionale”, ovvero quella rilevante ai fini dell’applicazione della deroga in esame è strettamente correlata al verificarsi degli eventi di cui alla lettera c). Si tratta di eventi quali sisma, alluvioni o crolli di infrastrutture che necessitano l’impiego di mezzi e poteri straordinari per essere fronteggiati. In sostanza, gli eventi calamitosi da cui può conseguire una dichiarazione di stato d’emergenza sono di “natura molteplice” e possono riguardare “singoli” Comuni o gruppi di Comuni, una o più Regioni o addirittura l’intero territorio nazionale.

Conseguentemente, sarà cura degli interessati verificare se il Comune nel quale si trova il proprio domicilio fiscale o la propria sede operativa era interessato al 31 gennaio 2020 da uno stato d’emergenza. In ogni caso, la delibera con cui viene dichiarato lo stato di emergenza è di competenza del Consiglio dei Ministri, mentre spetta al Capo del Dipartimento per la protezione civile il potere di ordinanza d’ intesa con le Regioni territorialmente interessate.  Lo stato di emergenza nazionale può essere deliberato per una durata massima di 12 mesi ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi.

Individuazione dei Comuni in stato di emergenza

Particolare attenzione deve essere prestata all’individuazione dei Comuni colpiti da eventi calamitosi (sisma, alluvioni, ecc.) per i quali al 31 gennaio 2020 (data di dichiarazione dello stato di emergenza da “covid-19”) era ancora in atto lo stato d’emergenza correlato ai predetti eventi.

Non esiste, infatti, ad oggi un elenco ufficiale dei citati Comuni; sarà compito del contribuente interessato all’utilizzo del tax credit verificare l’effettiva sussistenza dello status emergenziale per il comune nel quale aveva il domicilio fiscale o la sede operativa alla data del 31 gennaio 2020.  A tal fine, occorre guardare ai “provvedimenti” dei commissari delegati che, oltre a indicare i criteri e le modalità attuative per far fronte alle emergenze, individuano anche i Comuni colpiti dagli eventi calamitosi in esame. In tal senso, la risposta all’interpello n. 470/2019 in cui l’Agenzia delle Entrate – anche se in materia di colare secca – sottolinea che occorre “.. far riferimento ai provvedimenti dei commissari delegati che, oltre a indicare i criteri e le modalità attuative per far fronte alle emergenze, individuano anche i comuni colpiti dagli eventi calamitosi in esame”.  

Con il citato documento FNC-CNDCEC, viene proposta una elencazione ancorché “non esaustiva” di eventi calamitosi che assumono rilievo ai fini dell’utilizzo del credito d’imposta sulle locazioni.

Si rammenta che, al fine di utilizzare legittimamente il credito, risulta imprescindibile la corretta e puntuale individuazione, attraverso i provvedimenti adottati dalle competenti autorità, dei Comuni interessati dalle delibere emergenziali, avendo cura di verificare, altresì, che il contribuente avesse il domicilio fiscale o la sede operativa in uno di tali Comuni a far data dall’insorgenza dell’originario evento calamitoso.

Si rimanda al documento in “allegato” per la consultazione della tabella contenente le numerose casistiche.

Per bonus affitti, spazio agli ultimi chiarimenti

Dal Fisco altri chiarimenti operativi. Con due recenti risposte ad interpello, l’Agenzia delle Entrate fornisce ulteriori indicazioni in materia di tax credit locazioni. In primo luogo, con la risposta all’interpello n. 442 dello scorso 5 ottobre 2020 viene ribadito quanto già precisato nell’ambito della risposta n. 402/E/2020. Il caso preso in esame è quello di una S.r.l. che ha iniziato la propria attività stipulando un contratto di affitto d'azienda con una impresa individuale. Nel caso di specie, la società istante chiede se deve ritenersi esclusa dal beneficio fiscale (spettante, nelle ipotesi di affitto d'azienda, nella misura del 30%) non potendo operare il confronto tra il fatturato relativo a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 - per i quali dichiara di aver corrisposto i canoni di locazione relativi al contratto d'affitto d'azienda - e quello dei corrispondenti periodi dell'anno precedente, in quanto ha iniziato a svolgere la propria attività  solo nel mese di settembre 2019. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate - riprendendo quanto chiarito in materia di contributo a fondo perduto di cui all'articolo 25 del D.L. n.34/2020 - sostiene che, anche in relazione al tax credit locazione occorra considerare i valori riferibili all'azienda oggetto di trasferimento ai fini del calcolo della riduzione del fatturato. Conseguentemente, nel caso di specie, il calcolo della riduzione del fatturato dei mesi aprile-giugno 2020 va effettuato, in capo al soggetto “avente causa” del contratto d'affitto d'azienda, confrontando lo stesso con l'ammontare del fatturato di ciascuno dei corrispondenti mesi del 2019, ancorchè nei predetti periodi la stessa azienda fosse in possesso del soggetto “dante causa” (concedente).

Ulteriore questione affrontata, di recente, dall’Agenzia delle Entrate concerne il pagamento dei canoni di locazione in “via anticipata”. Il caso affrontato nell’ambito della risposta all’interpello n. 440 del 5 ottobre 2020 riguarda un soggetto che – in qualità di titolare di un’attività a carattere “stagionale” svolta a seguito di contratto di affitto d'azienda sottoscritto nel mese di dicembre 2019 - dichiara di aver "pagato totalmente il canone pattuito in maniera anticipata all'atto della sottoscrizione del contratto". Questi, stando al tenore letterale della dell'articolo 28 del D.L. n.34/2020 sarebbe escluso dal beneficio; lo stesso, quindi, chiede se detta disposizione si riferisca solo agli importi versati nel 2020 o "se valga anche per coloro che hanno anticipatamente pagato l'affitto nell'anno precedente, anche se effettivamente di competenza dell'anno 2020". Nel fornire risposta alla questione, l’Agenzia delle Entrate richiama quanto già precisato nell’ambito della circolare n. 14/E del 2020 ossia che: «Nelle ipotesi in cui il canone relativo ai contratti qui in esame sia stato versato in via anticipata, sarà necessario individuare le rate relative ai mesi di fruizione del beneficio parametrandole alla durata complessiva del contratto». In base a dette affermazioni, appare sostenere che il pagamento integrale dei canoni di locazione in “via anticipata”, nel corso del 2019, non inibisce la possibilità di fruire del beneficio fiscale. Infine, si segnala, in via incidentale, che - poiché, nel caso di specie, il trasferimento del possesso dell'azienda affittata è avvenuto nel mese di dicembre 2019 - il calcolo del requisito della riduzione del fatturato dovrà essere effettuato in capo al soggetto “avente causa” del trasferimento, confrontando l'ammontare del fatturato di ciascuno dei mesi di possibile fruizione del beneficio rispetto al fatturato dell'azienda trasferita riferibile ai medesimi periodi dell'anno precedente, ancorchè nei predetti periodi la stessa azienda fosse in possesso del soggetto dante causa (in tal senso, la risposta n. 402/E del 24 settembre 2020).

Niente compensazione in presenza di debiti erariali scaduti

Per il tax credit locazioni divieto di compensazione in presenza di debiti per imposte erariali scaduti. La norma di cui all’articolo 31 del D.L. n.78/2020, infatti, stabilisce che la compensazione dei crediti erariali è vietata fino a concorrenza dell’importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento.

Come evidenziato nel citato documento dei commercialisti ciò che rileva ai fini della preclusione è solamente l’avvenuta scadenza del termine di pagamento del debito iscritto a ruolo (non rileva, invece, il tipo di ruolo scaduto – ordinario/straordinario - o la circostanza che l’iscrizione sia avvenuta a titolo definitivo o provvisorio) o affidato all’agente della riscossione risultante da accertamenti esecutivi.

Pertanto, detta preclusione “non opera”:

Il divieto opera, altresì, per le altre imposte indirette (compresa quella di registro). Tra le imposte che impediscono la compensazione rientrano anche le ritenute alla fonte relative alla stessa tipologia di imposte sopra indicate, trattandosi di anticipazioni a titolo di acconto o a titolo d’imposta.

Ai fini dell’individuazione dei debiti per imposte erariali che fanno scattare il divieto alla compensazione sono esclusi i contributi e le agevolazioni erogati a qualsiasi titolo sotto forma di credito d’imposta, anche se vengono indicati nella sezione “erario” del modello F24. Sono, inoltre, escluse dalla preclusione in commento le imposte comunali (ad esempio, IMU), i contributi previdenziali, i premi INAIL e le contravvenzioni stradali sebbene anche quest’ultime siano riscosse mediante ruolo.

Per quanto riguarda gli importi “accessori” a cui fa riferimento la norma si precisa che per tali devono intendersi, oltre che le sanzioni e gli interessi, gli aggi, gli interessi di mora e le altre spese collegate al ruolo (o all’accertamento esecutivo), quali quelle di notifica o quelle relative alle procedure esecutive sostenute dall’agente della riscossione e, in generale, tutte le spese rimborsabili all’agente della riscossione.

In caso di inosservanza del divieto in esame, si applica la sanzione del 50% dell’importo dei debiti scaduti, fino a concorrenza dell’ammontare indebitamente compensato.

La predetta sanzione non può essere applicata fino al momento in cui relativamente al debito scaduto vi sia una controversia pendente; in tali ipotesi, i termini di cui all’articolo 20 del D.Lgs. n. 472/1997 (decadenza e prescrizione) decorrono dal giorno successivo alla data di definizione della contestazione.

Regime sanzionatorio

Da ultimo, appare utile ricordare gli aspetti sanzionatori cui il contribuente va incontro laddove abbia indebitamente utilizzato il bonus locazioni. Le casistiche – sottolineate anche nel documento della fondazione sul tax credit affitti – sono sostanzialmente le seguenti:

 

 

credito d’imposta “non spettante

in tale eventualità la norma di riferimento è l’articolo 13, co. 4 del D.Lgs.n.471/1997 secondo cui “Nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti si applica, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato”.

Nel rispetto di detta norma, si cade nella sanzione quando il tax credit affitti pur se “esistente” viene utilizzato in misura superiore al quantum spettante oppure è utilizzato con modalità non normativamente previste.

 

 

 

credito d’imposta “inesistente”

in tale eventualità la norma di riferimento è l’articolo 13, co. 5 del D.Lgs.n.471/1997 secondo cui “Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi”, questa all’ultimo periodo precisa anche che “Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

Pertanto, si rientra nell’applicazione della sanzione quando il tax credit non spetta per mancanza dei requisiti previsti dalla relativa norma. Stante il dettato di cui al suddetto comma 5, non pare possibile preclude l’utilizzo della definizione agevolata delle sanzioni (di cui agli artt.16 e 17 del D.lgs.n.472/1997). Come evidenziato nel documento della FNC, occorre rammentare - altresì - che in base a quanto disposto dall’articolo 27, co.16 del D.L. n.185/2008 gli avvisi di recupero di crediti d’imposta inesistenti, in deroga agli ordinari termini di accertamento, possono essere notificati, a pena di decadenza, “entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo”.

La sussistenza di una delle suddette casistiche, in presenza della cessione del credito a soggetti terzi, comporterà il recupero - da parte dell’Agenzia delle Entrate - dell’importo corrispondente al credito non spettante nei confronti del soggetto cedente applicando in capo a questi anche le sanzioni previste ai co. 4 o 5 dell’articolo 13 del D.lgs. n.471/1997. Nessun recupero verrà posto in essere in capo al cessionario.

Pertanto, responsabile per l’indebita fruizione del beneficio fiscale rimane sempre il beneficiario della agevolazione ovvero il conduttore che ha indebitamente giovato in tutto o in parte del credito d’imposta. Così, se il cessionario acquisisce un credito d’imposta, ma durante i controlli dell’Agenzia viene rilevato che il cedente non aveva diritto allo stesso, il cessionario che ha acquistato il credito in buona fede non perde il diritto ad utilizzare il credito d’imposta. I soggetti cessionari, infatti, rispondono “solo” per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al bonus ricevuto e potranno quindi essere sanzionati solo in caso di utilizzo del credito d’imposta “non spettante”.

Tuttavia, laddove sia accertato il “concorso” nella violazione da parte del cessionario, la responsabilità sarà estesa anche a quest’ultimo che risponderà in solido col cedente per il pagamento dell’importo e dei relativi interessi. Tale responsabilità solidale si estende anche alle sanzioni previste in capo al contribuente per l’indebita fruizione dell’agevolazione ai sensi del comma 1 dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 472/1997.

Quadro Normativo

FONDAZIONE NAZIONALE COMMERCIALISTI – DOCUMENTO DELL’ 08 OTTOBRE 2020;

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISPOSTA INTERPELLO N.440 DEL 5 OTTOBRE 2020;

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISPOSTA INTERPELLO N.442 DEL 5 OTTOBRE 2020;

AGENZIA DELLE ENTRATE – CIRCOLARE N.14/E DEL 06.06.2020;

 

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