Tra le reazioni dei Consigli nazionali di avvocati, ingegneri ed architetti alla notizia dell'invio all'Italia, operato dall'Esecutivo Ue, delle due lettere di messa in mora per minimi e massimi tariffari applicati dalle tre categorie e giudicati incompatibili con il principio della libera prestazione di servizi tra i 25 Stati della Comunità, viene qui registrata quella di Giuseppe Bassu - componente del Consiglio nazionale forense - il quale afferma: "Da tempo le tariffe degli avvocati sono "l'oggetto del desiderio" delle istituzioni comunitarie". E prosegue: "Il sistema tariffario, tuttavia, non è un'arbitraria imposizione degli Ordini ma è approvato con provvedimento governativo".
La contestazione della Commissione europea - che si riferisce in particolare agli onorari minimi per le prestazioni che secondo legge interna sono inderogabili - parte, dunque, proprio dal presupposto che le tariffe non siano derogabili. Al contrario, esiste derogabilità tra privati, potendo le parti liberamente concordare il compenso superando, anche in difetto, i limiti della tariffa ed il criterio dell'adeguatezza della retribuzione all'importanza dell'opera: l'articolo 2233 del Codice civile stabilisce una preferenza tra i criteri di determinazione del compenso attribuendo rilevanza, anzitutto, alla convenzione intervenuta tra le parti e, solo in mancanza di questa e in ordine successivo, alle tariffe ed agli usi lasciando, in ultima analisi, spazio alla determinazione del giudice.
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