L'avvocato che indica nel giudizio introduttivo il proprio indirizzo di posta elettronica certificata ex art. 125 c.p.c., deve poi controllare le comunicazioni pervenute presso detto indirizzo, altrimenti rischia di proporre un impugnazione tardiva avverso i provvedimenti ivi notificatigli.
E' quanto emerge dalla sentenza n. 17574 depositata il 3 settembre 2015, con cui la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ha respinto il ricorso di una s.r.l. avverso il provvedimento di rigetto del reclamo (contro il rigetto dell'opposizione al fallimento) pronunciato della Corte d'Appello.
La società ricorrente si era vista tuttavia eccepire la tardiva proposizione del ricorso; eccezione di fatto accolta dalla Cassazione.
La provvedimento di rigetto del reclamo, infatti, era stato regolarmente notificato – ad istanza della cancelleria – tramite posta elettronica certificata al difensore dell'attuale ricorrente, il quale, all'uopo, aveva appositamente riportato il proprio indirizzo Pec nell'atto introduttivo del giudizio di reclamo (optando dunque per la modalità di notifica telematica consentita dall'art. 137 c.p.c. cui rinvia l'art. 18 Legge fall.).
Ciò nonostante, il difensore aveva impugnato la sentenza solo dopo più di 60 giorni dalla notifica della stessa; dunque, ben oltre i 30 giorni utili per proporre ricorso in Cassazione, di cui al citato art. 18 Legge fall.
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