Su Iva e intermediari le Entrate in fuorigioco
Pubblicato il 04 febbraio 2009
A seguito del nuovo assetto normativo delineato dalla direttiva comunitaria 2006/112/CE (Testo unico), l’agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 437/E/2008, ha tentato di uniformare il luogo di tassazione dei servizi di intermediazione anche relativamente alle operazioni sui beni mobili materiali effettuate in ambito comunitario, così da estendere la portata operativa dell’articolo 7 del Dpr 633/1972, dato che - allo stesso tempo - sarebbe divenuto inoperativo il comma 8, dell’articolo 40 del Dl 331/93. Pertanto, nell’ipotesi di provvigione pagata all’agente comunitario, l’impresa mandante deve assolvere l’Iva in base all’articolo 17, comma 3, del Dpr 633/1972 (emissione di autofattura) e non secondo le disposizioni previste dall’articolo 46, del Dl n. 331/93 (integrazione della fattura emessa dal prestatore). Si tratta di un aspetto del tutto formale, dal momento che l’articolo 17, comma 3, è una norma di carattere generale, mentre l’articolo 46 del Dl 331//93 è una norma speciale. Inoltre, dalla lettura della direttiva 2006/112 (articolo 196) emerge che nella stessa disposizione sono contemplati tutti i tipi di intermediazione comunitarie, anche quelle che per il Fisco italiano sono ancora vincolate all’articolo 40 del Dl 331. Si tratterà di compilare, nella dichiarazione annuale, il codice VJ3 al posto del VJ9. Le conseguenze più evidenti di tale cambiamento ricadono, però, sugli agenti italiani di imprese comunitarie. Il modello di dichiarazione annuale Iva ha, infatti, già eliminato i riferimenti al comma 8, dell’articolo 40 del Dl 331/93, con la conseguenza che questi soggetti avrebbero indebitamente usufruito dei “vantaggi” citati senza nemmeno dichiarare il volume d’affari per il quale hanno emesso le loro fatture ai clienti comunitari. La soppressione del citato comma 8, di fatto, ancora non è operativa in quanto è prevista in un emendamento della comunitaria che ancora deve essere votato e, quindi, ancora non è in vigore. Si sta, dunque, violando un principio cardine dello Statuto dei diritti del contribuente, in quanto si vuole modificare retroattivamente disposizioni finora mai messe in dubbio. È proprio su questo aspetto che si è soffermata anche Assonime, con la circolare n. 4/2009 che è stata pubblicata ieri.