Studi di settore, cosa cambiare?

Pubblicato il 10 febbraio 2016

Abbandonare completamente l'utilizzo dello studio di settore come strumento di accertamento per valorizzarne le potenzialità come elemento di compliance.

E' questa la proposta avanzata da Rete Imprese Italia al viceministro dell’Economia, Luigi Casero, in occasione di un tavolo tecnico sulle semplificazioni fiscali, alla luce del fatto che proprio lo stesso Mef, durante il forum Telefisco, ha annunciato l’eliminazione dello strumento degli studi di settore per i professionisti.

Quale è la proposta di Rete Imprese Italia?

Così, proprio nelle “Proposte di intervento in materia di Studi di Settore”, l'Associazione che riunisce le cinque sigle rappresentative delle Pmi (Cna, Confartigianato, Confcommercio, Casartigiani, Confesercenti) ha evidenziato come, alla luce delle novità che sono state proposte relativamente allo strumento, sembra ormai “necessario rivedere l'impianto giuridico che governa la materia”.

Nello specifico, Rete Imprese propone di:

L'obiettivo sembrerebbe, infatti, quello di mirare a potenziare il regime premiale “attraverso un nuovo sistema di tassazione che punti a premiare l’efficienza e la fedeltà fiscale in modo automatico all’aumentare del reddito dichiarato”.

E lo studio di settore dovrà continuare a essere proprio quell'elemento che permette l'accesso al regime premiale disciplinato dal Dl n. 201/2011 (art. 10, comma 9 e seguenti).

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