Strage di Ustica. Attività di depistaggio definitivamente accertata

Pubblicato il 23 ottobre 2013 La Terza sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 23933 del 22 ottobre 2013, ha accolto, con rinvio, il ricorso presentato dagli eredi del proprietario della compagnia aerea Aerolinee Itavia a cui i giudici di merito avevano negato il diritto al risarcimento dei danni danni patiti a seguito della distruzione di uno dei aeromobili della compagnia nel noto disastro di Ustica del 27 giugno 1980.

In primo grado, l'allora attore aveva dedotto, quale fonte di responsabilità per la Presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero della Difesa e quello delle Infrastrutture e Trasporti, il fatto che gli Ufficiali dell'Aeronautica militare, distruggendo e manipolando prove, occultando e alterando la verità, avevano con dolo o almeno con colpa, depistato le indagini sulla tragedia, ovvero le avevano indirizzate comunque verso inesistenti responsabilità dell'Itavia, gravemente pregiudicandone la prosecuzione dell'attività, tanto che quest'ultima era cessata da lì a poco.

La tesi del depistaggio era stata infruttuosamente ripresa in sede di gravame, nel cui contesto la Corte d'appello aveva escluso il nesso di causalità dei danni prospettati con l'intenzionale attività di inquinamento probatorio.

In Cassazione, tuttavia, lo scenario è cambiato con la considerazione secondo cui “l'elemento risolutore della controversia” era “l'accertamento in fatto, operato nei pregressi gradi di merito ed ormai non più suscettibile di essere rimesso in discussione, della sussistenza di un'attività di depistaggio”.

Secondo la Corte di legittimità, ossia, il depistaggio doveva considerarsi come definitivamente accertato, e da tale accertamento derivava, oltretutto, l'irrilevanza della ricerca della causa effettiva del disastro, nonostante pure la tesi del missile sparato da aereo ignoto, la cui presenza sulla rotta del veivolo Itavia non era stata impedita dai ministeri della Difesa e dei Trasporti, era risultata ormai consacrata con sentenza di Cassazione n. 10285/2012.

Per quanto riguarda la specifica controversia, la Suprema corte ha ritenuto che la sentenza di merito si fosse limitata ad escludere la rilevanza dell'attività di depistaggio e il conseguente discredito seguito al disastro aereo, errando nel mancare di porsi il problema “delle concrete caratteristiche della situazione economica-finanziaria della compagnia aerea in tempo immediatamente al disastro del 27.6.80 (cioè, indipendentemente da esso) e dell'eventuale efficacia di quell'attività di depistaggio e conseguente discredito sul passaggio dalla situazione di difficoltà a quella di dissesto”.

Sulla valutazione dell'incisività dell'attività di depistaggio e di discredito della compagnia dovrà ora pronunciarsi la medesima corte territoriale a cui la Cassazione ha rinviato nuovamente l'esame di merito.
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