Secondo i giudici di Cassazione – sentenza n. 23443 del 1° giugno 2015 – di fronte a una richiesta di sospensione dell'esecuzione della pena o detenzione domiciliare per grave infermità fisica, le condizioni di salute del condannato devono essere fatte oggetto di specifico e rigoroso esame.
Inoltre, l'organo giudicante è tenuto a valutare se dette condizioni di salute possano essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto penitenziario o, comunque, in centri clinici penitenziari e se esse siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un trattamento rispettoso del senso di umanità, considerata anche la durata del trattamento e l'età del detenuto, a loro volta soggette ad un'analisi comparativa con la pericolosità sociale del condannato.
Deve essere operato, ossia, un bilanciamento di interessi tra le esigenze di certezza ed indifettibilità della pena, da una parte, e la salvaguardia del diritto alla salute e ad un'esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanità, dall'altra, al fine di individuare la situazione cui dare la prevalenza.
In ogni caso, di detta valutazione deve essere dato conto con motivazione compiuta, ancorché sintetica, che consenta la verifica del processo logico-decisionale ancorato ai concreti elementi di fatto emersi dagli atti del procedimento.
Nel caso specificamente esaminato, la Suprema corte ha annullato un'ordinanza di rigetto di un'istanza di sospensione della detenzione domiciliare per grave infermità ritenendo che la motivazione resa non consentisse una verifica nei termini sopra specificati.
In particolare, è stato evidenziato che nella decisione di rigetto non era stata neppure indicata la patologia da cui era affetto il detenuto né alcun riferimento concreto al contenuto delle consulenze depositate dalla parte.
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