Stalking: basta la volontà di porre in essere condotte di minaccia o molestia
Pubblicato il 16 maggio 2013
Il reato di stalking, consistendo in una fattispecie abituale di evento, si configura in presenza di dolo generico dell’agente, essendo sufficiente, cioè, la volontà di porre in essere le condotte di minaccia o di molestia,
“con la consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente necessari per l'integrazione della fattispecie legale, che risultano dimostrate proprio dalle modalità ripetute e ossessive della condotta persecutoria e dalle conseguenze che ne sono derivate sullo stile di vita della persona offesa”.
E’ quanto affermato dalla Quinta sezione penale della Cassazione, nel testo della sentenza n.
20993 del 15 maggio 2013, pronunciata nell’ambito di una vicenda in cui un uomo era stato condannato per stalking dai giudici di merito in considerazione delle frequentissime telefonate, massiccio invio di sms, scenate di gelosia ed intrusioni moleste poste in essere nei confronti di una donna.
A fronte della difesa dell’imputato, secondo cui doveva escludersi la configurabilità del reato contestato per assenza di dolo specifico e di un fine premeditato, la Suprema corte ha evidenziato che, perché il reato di stalking possa dirsi integrato, non è necessario che il persecutore sia consapevole del risultato che vuole raggiungere, essendo sufficiente che abbia volontà e consapevolezza di assumere comportamenti minacciosi in grado di condizionare la vittima.