Somme condominiali trasferite Appropriazione indebita

Pubblicato il 02 agosto 2016

La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, ha confermato, a carico dell’amministratore di un condominio, la condanna per reato di appropriazione indebita, per avere lo stesso trasferito alcune somme condominiali nel proprio conto corrente, onde ottenere un tasso di interesse maggiore.

La Corte Suprema, in particolare, respinge entrambe le censure sollevate dall’amministratore ricorrente. La prima delle quali poggia a suo dire sull'erronea convinzione che l’interversione del possesso – nel reato contestato – si determini allorquando l’autore del reato, già appropriatosi della cosa, non provveda alla sua restituzione.

Appropriazione indebita Momento consumativo

In realtà – precisano gli ermellini - la consumazione del reato ex art. 646 c.p. non richiede la costituzione in mora del suo autore né un vero e proprio inadempimento all'obbligo restitutorio, essendo la soglia di rilevanza penale anticipata al momento appropriativo in sé considerato (nella specie, all'indebito prelievo di somme dalle casse del condominio).

Ingiusto profitto personale

Quanto alla censura circa l’ingiusto profitto, la circostanza che le somme in questione sarebbero state investite nell'interesse del condominio, anziché utilizzate ai fini privati dell’imputato, risulta sprovvista di qualsiasi riscontro fattuale.

Al contrario, in fase di merito è stato accertato che le somme in questione sarebbero state spostate da un conto corrente condominiale ad uno privato dell’amministratore, caratterizzato da una maggiore fruttuosità in ragione del tasso di interesse praticato.

Detta operazione – conclude la Corte con sentenza n. 33547 del primo agosto 2016 – ben lungi dal costituire semplicemente un’attività posta in essere in nome e per conto del condominio, ancorché in eccedenza del mandato ricevuto, implica l’impossessamento del denaro da parte dell’imputato 

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