Società di comodo: in salvo il diritto alla detrazione Iva

Pubblicato il 08 marzo 2024

Con sentenza del 7 marzo 2024, causa C-341/22, la Corte di giustizia Ue si è occupata dell’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 1, e dell’articolo 167 della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (direttiva Iva), nonché dei principi di neutralità dell’Iva, di proporzionalità, di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto.

Lo ha fatto rispondendo ad una domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata dalla Corte di cassazione, nell’ambito di una controversia tra una società italiana e l’Agenzia delle Entrate, relativamente all’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva.

Società non operativa e detrazione Iva: questione rimessa alla Corte Ue

La causa aveva ad oggetto un avviso di accertamento che era stato notificato ad altra compagine, considerata non operativa (società di comodo), poi incorporata in quella sopra menzionata.

L'avviso era stato emesso in quanto l’importo delle operazioni a valle soggette a Iva e dichiarate dall'impresa era inferiore alla soglia al di sotto della quale le società sono ritenute non operative dalla normativa italiana e, segnatamente, dall’articolo 30 della Legge n. 724/1994.

Secondo la contribuente, tuttavia, il rifiuto di concederle il beneficio del diritto alla detrazione Iva era da ritenere incompatibile con il diritto dell’Unione.

La causa era finita davanti alla Suprema corte che, come detto, aveva deciso di sospendere il procedimento e di interpellare i giudici europei.

Il diritto alla detrazione Iva non può essere escluso

In primo luogo, si chiedeva alla Corte Ue se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva Iva dovesse essere interpretato nel senso che esso può condurre a negare la qualità di soggetto passivo Iva al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini Iva il cui valore economico non raggiunga la soglia fissata dalla normativa nazionale.

Soglia, quest'ultima, corrispondente ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui si disponga, a meno che non si dimostri che situazioni oggettive hanno impedito il raggiungimento di detta soglia.

Ebbene, per la Corte Ue, la qualità di soggetto passivo Iva non è subordinata alla condizione che una persona effettui operazioni rilevanti ai fini Iva, il cui valore economico superi una soglia di reddito previamente fissata.

Ciò che rileva - si legge nella decisione - è esclusivamente il fatto che detta persona eserciti effettivamente un’attività economica e che sfrutti un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità.

A seguire, i giudici europei hanno evidenziato che nessuna disposizione della direttiva Iva subordina il diritto a detrazione al requisito che l’importo delle operazioni rilevanti ai fini Iva, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia.

Al contrario, dalla giurisprudenza della medesima Corte Ue risulta che il diritto alla detrazione dell’Iva è garantito, purché ricorrano le condizioni richieste, circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare, indipendentemente dai risultati delle attività economiche del soggetto passivo interessato.

In conclusione, secondo la Corte di giustizia dell'Unione, va escluso che la qualità di soggetto passivo Iva possa essere negata al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini Iva il cui valore economico non raggiunga la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponda ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone.

La normativa nazionale, inoltre, non può privare il soggetto passivo del diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini Iva effettuate dal medesimo a valle.

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