Società in house con tutela ampia dei creditori
Pubblicato il 18 novembre 2013
La Corte di cassazione, con sentenza n.
22209/2013, si è occupata della scelta di un Ente locale di perseguire l'interesse pubblico con lo strumento privatistico delle società partecipate, come avviene attraverso le cosiddette società “in house”.
Nella sentenza un giudizio importante: in caso di insolvenza le società pubbliche devono dichiarare fallimento. Con un’altra sentenza in tema, a breve oggetto di deposito, è stabilito che i loro amministratori risponderanno davanti alla Corte dei conti come pubblici funzionari, con dovere di risarcimento del danno erariale provocato.
La Corte parte dal presupposto che la possibilità data dalla legge di permettere che società private di capitali possano provvedere ad attività pubbliche (ad esempio gestione rifiuti), deve corrispondere all’assunzione, da parte delle società citate, degli stessi rischi di qualsiasi società collegati all’insolvenza. Ciò in nome dei principi di uguaglianza e di affidamento nei confronti dei soggetti che instaurano un rapporto con la società.