Simulazione in sede civile come indizio di operazione inesistente

Pubblicato il 27 ottobre 2015

La sentenza del tribunale civile con cui il giudice dichiari la simulazione assoluta del trasferimento immobiliare, anche se appellata, costituisce indubbiamente un rilevante indizio dell’inesistenza dell’operazione che sia contestata in sede penale, nel procedimento per falsa fatturazione.

E’ quanto evidenziato dai giudici di Cassazione nel testo della sentenza n. 42966 depositata il 26 ottobre 2015 con riferimento a una causa in cui l’imputato era accusato, tra gli altri rilievi, di essersi avvalso, al fine di evadere l’Iva, di una fattura emessa da una Srl per operazioni inesistenti e di non aver versato al fisco le somme dovute per diverse annualità, utilizzando in compensazione crediti Iva non spettanti o inesistenti.

Utilizzo dell'elemento passivo fittizio 

I giudici di merito, in particolare, avevano ritenuto che, come emerso a seguito di verifica fiscale sulla Srl, tale società si fosse avvalsa, nella dichiarazione dei redditi, di elementi passivi fittizi, avendo indicato a tal fine la fattura citata, fattura risultata inesistente essendo simulato, in senso assoluto, il negozio di trasferimento a cui la medesima si riferiva.

Detta ultima cessione, in particolare, era apparsa inesistente alla stregua di una significativa serie di indizi univocamente ritenuti indicativi in tal senso.

Tra questi, la considerazione della sentenza del tribunale civile con cui era stata dichiarata la simulazione assoluta del negozio e la nullità assoluta del trasferimento dei beni, cui era seguita l’emissione della citata fattura. A ciò si aggiungeva la circostanza che la compravendita era avvenuta senza dazione effettiva di denaro.

Ne era conseguito il rilievo secondo cui l’indicazione nella dichiarazione dei redditi dell’elemento passivo fittizio, costituito dalla fattura di cui sopra, configurava il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti; inoltre, posto l’utilizzo in compensazione dell’apparente credito Iva connesso alla stessa, poteva anche scorgersi il reato di indebita compensazione.

Fatture per operazioni inesistenti, condanna confermata

L’imputato era stato quindi ritenuto responsabile ed era stato destinatario di confisca sui beni personali.

I giudici di legittimità, in detto contesto, hanno confermato la statuizione di merito non rilevando alcuna lacuna argomentativa o vizio di illogicità manifesta nella decisione impugnata.

Per contro – si legge nel testo della decisione di Cassazione - le doglianze del ricorrente si risolvevano in censure fattuali tendenti a sostenere un’interpretazione alternativa dei fatti, preclusa in sede di legittimità.

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