Il credito relativo ai versamenti effettuati dal datore di lavoro al Fondo di previdenza complementare ha natura previdenziale e, quindi, non è assistito da privilegio nell’ammissione allo stato passivo della procedura concorsuale.
I versamenti del datore di lavoro nei fondi di previdenza complementare hanno natura previdenziale e non retributiva e ciò sia che il fondo abbia personalità giuridica autonoma, sia che consista in una gestione separata del datore stesso.
E’ quanto puntualizzato dalle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 16084 del 9 giugno 2021.
Il Massimo Collegio di legittimità, in particolare, era stato chiamato a pronunciarsi in ordine ad una questione sollevata dalla Prima sezione, avente ad oggetto la natura previdenziale o retributiva del credito del lavoratore concernente i versamenti effettuati dal datore di lavoro alla cosiddetta “previdenza complementare” e la correlata ammissione al passivo in via chirografaria o privilegiata in caso di procedura concorsuale della società datrice di lavoro.
Nella vicenda specificamente esaminata - riguardante la richiesta di ammissione al passivo di una Spa in liquidazione coatta amministrativa da parte di un dipendente della società, iscritto al fondo complementare di previdenza per le somme corrispondenti ai contributi sulla retribuzione pensionabile posti a carico della Spa e per i contributi direttamente versati al Fondo - erano emersi dubbi in ordine alla natura del credito e dei versamenti effettuati, all'eventuale cumulo e alla decorrenza della rivalutazione monetaria e degli interessi legali.
A risoluzione delle questioni loro sottoposte, le SS. UU. della Cassazione hanno enunciato alcuni principi di diritto.
Hanno così precisato che i versamenti del datore di lavoro nei fondi di previdenza complementare - sia che il fondo abbia personalità giuridica autonoma, sia che consista in una gestione separata del datore stesso - hanno natura previdenziale e non retributiva.
Alla affermata natura previdenziale del credito del lavoratore, quindi, consegue che esso, nell’ammissione allo stato passivo della liquidazione coatta amministrativa della datrice di lavoro, non è assistito da privilegio.
Inoltre, al predetto credito non è applicabile il divieto di cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi, in quanto esso non è corrisposto da un ente gestore di forme di previdenza obbligatoria, ma da un datore di lavoro privato.
A seguire un altro chiarimento: nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, in virtù degli artt. 55 e 201 della Legge fallimentare, dell’art. 83, comma 2 del D. Lgs. n. 385/1993, nel testo applicabile ratione temporis, il corso di interessi e di rivalutazione monetaria sui crediti non assistiti da privilegio “deve arrestarsi alla data del provvedimento che ha disposto la liquidazione”.
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