Sì al sequestro preventivo di un conto bancario se c’è un nesso con il reato

Pubblicato il 17 maggio 2011 Il titolare di un conto corrente bancario, che nell’ambito di un procedimento penale per truffa a danno dell’Inps, si è visto sequestrare il conto perché l’accusa sosteneva che esso veniva utilizzato per riceve somme indebitamente erogate dall’Ente di previdenza, propone ricorso in Cassazione contro la misura adottata da parte del tribunale del riesame.

Il ricorrente adduceva a proprio favore l’assenza di un nesso pertinenziale tra il conto e i reati imputatigli.

Con la sentenza 19105 della II Sezione penale, depositata in data 16 maggio 2011, la Suprema Corte accoglie il ricorso, sottolineando che il sequestro preventivo, per essere legittimo, deve sempre fondarsi su un collegamento tra il reato e la cosa sequestrata e non su un collegamento tra il reato commesso ed una persona. Tant’è vero che in caso di sequestro di un bene non è sempre necessario individuare il responsabile del reato stesso. A volte è necessario procedere con il sequestro preventivo di beni di proprietà di terzi estranei al reato, se la loro disponibilità può favorire la prosecuzione della condotta delittuosa. Dunque, conclude la Corte, se non viene provato in che modo il denaro di provenienza illecita confluisce sul conto corrente dell’imputato non si può procedere con il sequestro dell’intero conto, ma solo delle somme illecite confluite sul quel rapporto bancario.
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