La condotta di ritardato fallimento è punibile solo se caratterizzata da colpa grave.
E’ sulla scorta di questa considerazione che è stata annullata, senza rinvio, dalla Corte di cassazione – sentenza n. 35708 del 26 agosto 2015 - una decisione di condanna per il reato di bancarotta impartita ai sensi dell’articolo 217, comma 1 n. 4 della Legge fallimentare che letteralmente punisce l’imprenditore che abbia aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa.
La Corte di legittimità, in particolare, ha sottolineato come in nessuna parte della sentenza impugnata fosse emersa una valutazione, anche implicita, di gravità della condotta dell’imputato.
Ed infatti, nella specie, era risultato che nella determinazione del dissesto aveva sicuramente influito l’iniziativa dell’istituto di credito di revoca del fido, nonostante il piano di rientro presentato dall’imputato. Proprio in considerazione di ciò, poteva desumersi che il grado di colpa imputabile a quest’ultimo non fosse particolarmente elevato.
E' stato riaffermato, quindi, il principio di diritto secondo cui, nel reato di bancarotta semplice, la condotta della mancata tempestiva richiesta di dichiarazione del proprio fallimento è punibile solo se caratterizzata da colpa grave.
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