Ripristino impianto centralizzato, non è richiesta emulativa

Pubblicato il 25 gennaio 2016

Con sentenza n. 1209 depositata il 22 gennaio 2016, la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, ha accolto il ricorso di una condomina, la quale aveva chiesto ordinarsi al condominio convenuto, il ripristino dell’impianto di riscaldamento centralizzato (che era stato in precedenza disattivato con delibera assembleare giudicata poi illegittima).

La Corte d’Appello dapprima, dando torto alla condomina, ne aveva affermato la natura emulativa delle pretese, poiché l’impianto centralizzato non avrebbe potuto essere ripristinato senza importanti ed onerose opere di trasformazione ed adeguamento, con conseguenti ingenti costi per la messa a norma della centrale termica, oltre ai disagi ed alle spese per la installazione degli impianti nei singoli appartamenti e per il combustibile.

Non è emulativo l’atto che risponde all'interesse del proprietario

Di diverso avviso la Cassazione, secondo cui – questa volta accogliendo le censure della ricorrente – non può ritenersi emulativo l’atto che comunque risponda ad un interesse del proprietario, dovendo escludersi che il giudice possa compiere una valutazione comparativa discrezionale tra gli interessi in gioco, ovvero formulare un giudizio di meritevolezza o di prevalenza fra l’interesse del proprietario e quello dei terzi.

Ora nella fattispecie - ha precisato la Suprema Corte – il diritto al ripristino dell’impianto di riscaldamento rispondeva al diritto della condomina di poter usufruire di un servizio comune che era stato illegittimamente disattivato dai condomini che, proprio in esecuzione di tale illegittima delibera, si erano nel frattempo dotati di impianto autonomo.

Inammissibile il giudizio di proporzionalità proprietario/condomini

 La sentenza impugnata tuttavia, nel ritenere nella specie l’abuso del diritto da parte della ricorrente, ha erroneamente fatto riferimento – secondo gli ermellini – da un lato, alla onerosità del ripristino dell’impianto comune, dall'altra, alla circostanza che l’attrice avrebbe potuto dotarsi di un impianto unifamiliare (chiedendo eventualmente il risarcimento del danno determinato dai costi e dai disagi).

Ma così ragionando, la Corte territoriale ha ravvisato l’abuso del diritto formulando un inammissibile giudizio di proporzionalità tra l’utilità conseguibile dalla condomina e l’onerosità che ne sarebbe derivata agli altri condomini. 

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