Rimuovere il dirigente è reato

Pubblicato il 08 maggio 2009
La Corte di cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 19135 depositata il 7 maggio 2009, ha confermato la condanna per abuso d'ufficio impartita dalla Corte di appello di Caltanissetta nei confronti di un ex sindaco per aver rimosso illegittimamente il comandante della Polizia municipale dall'incarico di dirigente da lui ricoperto. Per i giudici di merito, in particolare, tale destituzione era motivata esclusivamente da ragioni di ritorsione nei confronti del dirigente. Secondo la difesa del sindaco, tuttavia, non poteva esservi abuso di ufficio in quanto la qualifica di primo cittadino non era, ai sensi del dlgs n. 165/2001, sufficiente a qualificarlo come pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Di diverso avviso i giudici di legittimità, i quali hanno sottolineato come la rimozione del dirigente non può essere considerata una semplice manifestazione di autonomia negoziale costituendo, per contro, “un atto finalisticamente orientato alla realizzazione di pubblici interessi”. “La nomina del dirigente, e la sua revoca”, continua la Corte, “è strettamente connessa proprio al migliore perseguimento delle più rilevanti finalità istituzionali e si risolve nell'attribuzione al medesimo dirigente di funzioni e poteri di natura strettamente pubblicistica”. Natura che non muta e che è propria della qualifica di pubblico ufficiale rilevante ai sensi dell'art. 357 del codice penale.
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