Il provvedimento all’esame del Consiglio dei ministri di ieri, 31 luglio, riguardante la riforma del processo civile e penale è stato approvato con la formula “salvo intese”.
La riunione dei ministri è stata convulsa, con una interruzione di due ore in cui si sono tenute riunioni tra i due movimenti politici principali, ed ha avuto fine solo nella notte.
Quindi, come detto, la riforma della giustizia è stata approvata, come riporta il comunicato stampa n. 67 del 1 agosto 2019, ma “salvo intese”: in sostanza non è stato trovato l’accordo per quanto riguarda il processo penale, mentre non sono stati rilevati grossi problemi sul fronte del processo civile.
Si ricorda che la riforma a firma del ministro Bonafede prevede una durata dei processi, civili e penali, di 6 anni al massimo, dai 9 inizialmente stabiliti.
Il cambiamento prevede più spazio all’oralità del processo civile per attuare una maggiore semplicità del procedimento che vede la sostituzione del procedimento ordinario di cognizione con un rito semplificato. Il punto di arrivo è avere sentenze civili di primo grado in meno di un anno.
Alla previsione della durata totale del processo, prevista in 6 anni, fa eco l’inserimento di un illecito disciplinare a carico del magistrato quando, per più di un terzo dei fascicoli a lui affidati, ha superato i tempi di durata. Devono essere, però, verificati il carico di lavoro del giudice, la tipologia e la complessità delle cause assegnate.
Per quanto riguarda il procedimento penale, rimane aperta la discussione sui seguenti punti, dove manca l’accordo: nodo intercettazioni e separazione delle carriere.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".