Responsabilità medica anche in caso di "complicanza"

Pubblicato il 01 luglio 2015

Con sentenza n. 13328 depositata il 30 giugno 2015, la Corte di Cassazione, terza sezione civile, ha respinto il ricorso di due medici (e relative Case di Cura in cui operavano), avverso la pronuncia con cui la Corte d'Appello li aveva condannati a risarcire una paziente, per i danni da essa subiti in conseguenza di due interventi agli occhi.

Avverso detta pronuncia, i sanitari lamentavano un vizio di motivazione, laddove i giudici di merito avevano riconosciuto la negligenza del loro operato pur in assenza di prove sufficienti. L'evento lesivo – a detta dei ricorrenti – sarebbe infatti dipeso da una complicanza, sottratta come tale alla loro possibilità di previsione.

La Cassazione, nel respingere detta censura, ha invece ritenuto perfettamente congrua la motivazione dei giudici dell'appello, i quali hanno accolto la domanda risarcitoria sul corretto presupposto della carenza di prove, da parte dei medici, circa la diligenza impiegata nell'esecuzione dell'intervento.

Ha stabilito in proposito la Corte, che nel giudizio di responsabilità tra paziente e medico, è necessario che quest'ultimo, perché vada esente da colpa ex art. 1228 c.c., riesca a dimostrare di aver tenuto una condotta conforme alle leges artis del settore, a nulla rilevando che il danno patito dal paziente sia dipeso da una complicanza.

In assenza di tale prova positiva il medico deve ritenersi senz'altro responsabile, senza che gli giovi l'addurre l'imprevedibilità ed inevitabilità dell'intervenuta complicanza.

Quest'ultima, infatti non integra automaticamente gli estremi della "causa non imputabile" (idonea ad escludere la presunzione di responsabilità), che eventualmente deve essere accertata e provata in base alle circostanze del caso concreto e non in astratto.  

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