La sopravvenuta abrogazione delle disposizioni di cui all'art. 5 Legge 13 aprile 1988, n. 117, per effetto dell'art. 3, comma 2, Legge 27 febbraio 2015, n. 18 (Responsabilità civile dei magistrati) non esplica efficacia retroattiva.
Per cui l'ammissibilità della domanda di risarcimento danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, deve essere delibata alla stregua delle disposizioni processuali vigenti al momento della sua proposizione.
Il giudizio di ammissibilità previsto dal citato art. 5, pertanto, prosegue secondo le norme poste da questa disposizione, qualora la domanda sia stata avanzata con ricorso depositato prima del 19 marzo 2015 (data di entrata in vigore della Legge 18/2015).
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n. 25216 depositata il 15 dicembre 2015, respingendo il ricorso di un imprenditore, volto ad ottenere il risarcimento dallo Stato per responsabilità civile di un magistrato, colpevole – a suo dire – di aver violato le regole del contraddittorio in un procedimento giudiziario che vedeva coinvolta la società di cui era amministratore.
Parte ricorrente sosteneva in proposito l'immediata applicabilità della nuova disciplina (Legge 18/2015) ai giudizi in corso, la quale per l'appunto esclude la precondizione del giudizio di ammissibilità dell'azione risarcitoria (senza alcuna previsione in tal senso, nemmeno in via transitoria).
Tesi ritenuta tuttavia infondata dalla Suprema Corte, che ha riconosciuto natura processuale – e non sostanziale – sia alla normativa abrogata (art. 5 Legge 117/1988) che a quella abrogativa (art. 3 comma 2 Legge 18/2015).
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