Una delle cause che non permettono l’accesso al regime forfetario è la percezione di redditi di lavoro dipendente e assimilati, nell’anno precedente, oltre la soglia di 30.000 euro. La norma di tale regime agevolativo prevede che non si procede alla verifica della soglia se il rapporto di lavoro è cessato.
Nella risposta n. 368 del 24 maggio 2021, l’Agenzia affronta il caso di un lavoratore che ha dato le dimissioni nel 2020, continuando a lavorare nel 2021 per il periodo di preavviso richiesto. L’istante intende aprire la partita IVA per esercitare un'attività di lavoro autonomo. Inoltre comunica di avere percepito nel 2020 redditi per lavoro dipendente superando la soglia dei 30.000 euro.
Nel caso concreto deve ritenersi sussistente la presenza della causa ostativa, visto che questa non va applicata solo se il rapporto di lavoro termina nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfettario.
Con riferimento alla conclusione del rapporto di lavoro precedente, l’Agenzia osserva che la cessazione dal servizio avviene solo al termine del periodo di preavviso.
Infatti, il rapporto di lavoro è in atto anche durante il periodo di preavviso, nell'ambito del quale, oltre a percepire la retribuzione, trovano applicazione tutti gli istituti connessi al rapporto di lavoro.
In conclusione, non è possibile beneficiare del regime forfetario nel 2021, che è l’anno di cessazione del rapporto di lavoro dipendente e nel quale si è percepito un reddito di lavoro dipendente per un ammontare superiore a 30.000 euro.
Pertanto, il regime forfetario potrà essere applicato solo a partire dal 2022, in presenza degli altri requisiti di legge.
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