Ravvedimento operoso per imposte e dichiarativi

Pubblicato il 20 settembre 2018

Il ravvedimento operoso è disciplinato dall’art. 13, D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997, ed è un istituto che consente al contribuente che ha commesso omissioni o irregolarità nell’applicazione delle disposizioni tributarie (omessi o tardivi versamenti o che riguardano le dichiarazioni), di rimediare spontaneamente, beneficiando di particolari riduzioni sull’applicazione delle sanzioni amministrative.

L’applicazione del ravvedimento rimuove la violazione commessa che, in tal modo non ha più rilievo ai fini della recidiva e dell’applicazione di sanzioni accessorie, non può essere valutata alla stregua di un precedente fiscale per l’irrogazione di una sanzione su una violazione successiva in misura superiore al minimo edittale.

Interessanti modifiche sul sistema del ravvedimento sono state introdotte dalla Legge n. 190 del 23 dicembre 2014, (Legge di Stabilità 2015), limitatamente ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate.

Il ravvedimento è possibile per tutti gli anni di imposta ancora accertabili e non è più inibito dall’inizio di un controllo fiscale, ma soltanto dalla notifica dell’atto impositivo, come ad esempio un avviso di accertamento o un avviso bonario ex artt. 36-bis e 36-ter, D.P.R. 29.9.1973, n. 600 o 54-bis, D.P.R. 26.10.1972, n. 633.

Con il ravvedimento operoso possono essere sanate spontaneamente non soltanto le violazioni relative a versamenti tardivi od omessi di imposte, ma anche gli errori dichiarativi, consistenti sia in irregolarità del contenuto delle dichiarazioni sia nella tardività (o omissione) dell’invio del modello dichiarativo, oltre i termini ordinari.

L’Amministrazione Finanziaria è intervenuta più volte sul ravvedimento, con la circolare n. 23 del 9 giugno 2015 e successivamente con la circolare 42 dell’12 ottobre 2016, anche alla luce delle modifiche alla disciplina del ravvedimento contenute nel D.Lgs. n. 158 del 24 settembre 2015.

La stessa Amministrazione anche sulla base di quanto previsto dalla L. 190 del 23 dicembre 2014, (art. 1, co. 634 e segg.) ha avviato un percorso di collaborazione e di dialogo con i contribuenti tanto che, sulla base di informazioni in suo possesso, vengono predisposte e inviate a diverse tipologie di contribuenti specifiche comunicazioni (le cosiddette lettere di compliance), in cui si segnalano possibili anomalie dichiarative, con l’invito a procedere alla regolarizzazione mediante il ravvedimento operoso, al fine di poter beneficiare della riduzione delle sanzioni.

 

Le modifiche sul ravvedimento operoso

Una delle modifiche più importanti sul ravvedimento operoso è stata effettuata dalla Legge di Stabilità 2015, che ha permesso all’autore della violazione di rimuovere le violazioni commesse beneficiando di riduzioni automatiche sulle misure sanzionatorie minime previste, con la rimodulazione di tali riduzioni in funzione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni, fino al momento del ravvedimento.

 

Le principali novità che sono state introdotte, a suo tempo, sono le seguenti:

 

Le nuove e più avanzate forme di comunicazione introdotte tra contribuente e l’Amministrazione finanziaria (conpliance) possono svolgersi anche prima delle scadenze fiscali e sono finalizzate a semplificare gli adempimenti, a stimolare l’assolvimento degli obblighi tributari e a favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili.

La stessa relazione illustrativa che ha accompagnato il disegno di Legge di Stabilità 2015 associa all’intervento normativo un elevato innalzamento del livello di collaborazione con cittadini e imprese, con benefici nello svolgimento della tradizionale attività di controllo.

Altre novità in materia di ravvedimento sono state introdotte con il D.L. 193/2016 (articolo 5, comma 1-bis, lettera a): viene, in particolare, esteso il ravvedimento ai tributi doganali e alle accise amministrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, e per determinate ipotesi, vi è la riduzione della sanzione prevista in caso di ravvedimento operoso e di regolarizzazione degli errori e delle omissioni.

 

La regolarizzazione dei versamenti

Il ravvedimento è consentito a tutti i contribuenti e, prima delle modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità 2015, occorreva per poterne usufruire rispettare determinati limiti di tempo, inoltre era necessario che:

 

Tali limiti, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, non operano più e il ravvedimento è inibito solo dalla notifica degli atti di liquidazione e di accertamento (comprese le comunicazioni da controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni).

 

Gli errori, le omissioni e i versamenti carenti, possono essere regolarizzati eseguendo spontaneamente il pagamento:

 

La sanzione, in particolare, è pari a:

 

NB! - Il D.lgs 158/2015 ha modificato la normativa sulle sanzioni per ritardati o omessi versamenti, prevedendo la riduzione alla metà della sanzione ordinaria per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 90 giorni dalla scadenza. La sanzione passa dal 30% al 15%.


Se la regolarizzazione avviene, per esempio, entro 30 giorni dall’originaria data di scadenza del pagamento del tributo, la sanzione ridotta da versare in sede di ravvedimento sarà pari all’1,5% dell’imposta dovuta.

Un’ulteriore riduzione della sanzione è prevista per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15 giorni (Ravvedimento sprint) dove la sanzione del 15% è ulteriormente ridotta a 1/15 per ogni giorno di ritardo (1%).

In sede di ravvedimento, la sanzione da versare sarà pari allo 0,1 % per ciascun giorno di ritardo (1/10 dell’1 per cento).

 

Violazioni dichiarative. Chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria

Con la circolare n. 42 del 12 ottobre 2016, l’Agenzia delle Entrate ha innanzitutto chiarito che ai fini del ravvedimento, dal punto di vista sanzionatorio, devono essere tenute concettualmente distinte:

 

Ai fini sanzionatori e del ravvedimento operoso, viene valorizzata la distinzione tra dichiarazione integrativa (presupponendo una modifica al contenuto di dichiarazione originaria tempestivamente presentata) e dichiarazione tardiva (non presentata nei termini).

 

La dichiarazione infedele, ad esempio, presentata con un ritardo non superiore a 90 giorni viene equiparata a una dichiarazione inesatta (punita con una sanzione di 250 euro), ovvero alla dichiarazione affetta da errori che, pur non comportando un maggiore debito d’imposta, sono potenzialmente idonei a ostacolare i controlli.

Sul versante del ravvedimento, la fattispecie rientra nella lettera a-bis) dell’art. 13, D.Lgs. 472/1997, che prevede la riduzione a 1/9 del minimo se la violazione è sanata entro 90 giorni dalla violazione e, dunque, una sanzione pari a 27,78 euro (250/9).

 

Sempre secondo quanto chiarito dalle Entrate, la sanzione di 27,78 euro (prevista solo per lo specifico caso della dichiarazione infedele sanata entro 90 giorni) rimane anche per le infedeltà ove la normativa di settore contempli una sanzione più consistente rispetto alla ordinaria del 90%, come ad esempio nel caso di locazioni abitative, fermo restando il pagamento delle sanzioni ridotte anche per i tardivi versamenti.

 

Trascorsi i 90 giorni riemerge, per tali fattispecie, il più gravoso regime sanzionatorio. Nel caso, invece, di violazioni che danno luogo a dichiarazioni inesatte e non infedeli, ai fini del ravvedimento occorre fare riferimento al regime sanzionatorio previsto dalle disposizioni normative.

 

La citata circolare n. 42/2016 riporta l’esempio dell’omessa indicazione nella dichiarazione dei dividendi e delle plusvalenze relativi a partecipazioni detenute in imprese o enti esteri localizzati in Stati o territori inclusi nel decreto o nel provvedimento di cui all’art. 167, co. 4, D.P.R. 22.12.1986, n. 917, in merito alle quali l’art. 8, co. 3-bis, D.Lgs. 471/1997 prevede una sanzione del 10% con un minimo di 1.000 euro.

Se il ravvedimento avviene entro 90 giorni occorrerà versare almeno 111 euro a titolo di sanzione (1/9 di 1.000).

 

Sanzioni minime applicabili per i più comuni errori dichiarativi

Perché si possa procedere alla regolarizzazione della violazione o errore commesso, si deve a seconda dei casi:

 

Vediamo di seguito un schema delle sanzioni minime previste per gli errori più comuni

 

 

NB! - Al fine del calcolo degli interessi legali, si dovrà considerare che essi maturano giorno per giorno e si applicano all’importo dovuto a titolo di imposta, escluse le sanzioni.

 

La formula di calcolo è la seguente: tributo dovuto × tasso legale annuo × n. giorni /365

 

Correzione della dichiarazione entro 90 giorni

I contribuenti che vogliono correggere gli errori o le omissioni commesse nella dichiarazione presentata, devono, entro 90 giorni dal termine di presentazione:

Chi invece non ha presentato la dichiarazione, per ravvedersi entro i 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario, deve:

 

Se ad esempio un contribuente pur presentando nei termini la dichiarazione, si accorge di aver commesso un errore nella compilazione non rilevabile in sede di controllo automatizzato o formale (quindi riguarda ad esempio l’omessa o errata indicazione di redditi, indicazione di indebite detrazioni o deduzioni), presenta una dichiarazione integrativa entro i 90 giorni dalla scadenza del termine ordinario.

La sanzione da prendere come riferimento ai fini del ravvedimento è quella prevista dall’art. 8, D.Lgs. 471/1997, concernente le violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni. La disposizione disciplina le violazioni di carattere formale relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni che non integrino un’ipotesi di infedele dichiarazione, violazioni nelle quali può ascriversi anche quella dell’infedeltà dichiarativa corretta dal contribuente nei primi 90 giorni dalla scadenza del termine.

Tale sanzione sarà quella da prendere come riferimento anche per la regolarizzazione della propria posizione qualora il contribuente riceva una lettera di compliance, con la presentazione di una dichiarazione integrativa entro 90 giorni dalla scadenza del termine. La sanzione dovuta per il ravvedimento è ridotta in questo caso ad 1/9 del minimo.

 

Se dalla dichiarazione integrativa risulta un versamento del tributo in misura inferiore al dovuto (o l’utilizzo di un credito in misura superiore a quello spettante), il contribuente deve versare la differenza e gli interessi (calcolati al tasso legale, con maturazione giorno per giorno, dalla scadenza del versamento).

Si dovrà, inoltre, versare la sanzione per l’omesso versamento (pari al 30%), a sua volta versata in misura ridotta perché ravveduta in relazione a quando viene attivato il ravvedimento.

 

Correzione della dichiarazione oltre 90 giorni

Se il contribuente ha presentato la dichiarazione nei termini, ma questa volta dopo 90 giorni dalla scadenza del termine emerge un errore non rilevabile con controllo automatizzato o formale, siamo nell’ambito della dichiarazione infedele per la cui tipologia viene sancita una sanzione compresa tra il 90% e il 180% della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato.

Per regolarizzare la propria posizione (anche a seguito di una lettera di compliance), il contribuente deve presentare una dichiarazione integrativa e versare, oltre al tributo dovuto e agli interessi, la corrispondente sanzione che assorbe le altre violazioni relative all’infedeltà dichiarativa, ovvero quella prevista per l’omesso versamento, e il cui importo può essere ridotto avvalendosi del ravvedimento operoso.

La sanzione compresa tra il 90% e il 180% si applica solo per le violazioni costituenti, sin dall’origine, infedeltà dichiarativa (ad esempio, omessa indicazione di un reddito), mentre quelle consistenti in mere irregolarità dichiarative (ad esempio, omessa o errata indicazione di dati rilevanti per l’individuazione del contribuente) soggiacciono alla sanzione prevista dall’art. 8, D.Lgs. 471/1997.

 

Effetti penali del ravvedimento

Relativamente alle violazioni dichiarative che non sono caratterizzate da condotte fraudolente, l’invio della dichiarazione rettificata dagli errori entro il termine di presentazione di quella relativa all’anno successivo e prima dell’inizio di un controllo, beneficiando del ravvedimento operoso, è una causa di non punibilità del reato (art. 4, D.Lgs. n.74 del 10.3.2000).

 

In presenza di una dichiarazione omessa, la trasmissione della stessa con pagamento integrale delle imposte entro il termine di presentazione di quella per l’anno successivo e prima dell’inizio di un controllo fiscale/penale è anche causa di non punibilità del reato di cui all’art. 5, D.Lgs. 74/2000. La causa di non punibilità attiene in questo caso esclusivamente alla trasmissione della dichiarazione entro il termine indicato e non al ravvedimento.

 

Il versamento delle imposte

Per quest’anno il versamento del saldo delle imposte relativo al 2017, ed il primo acconto 2018 doveva essere effettuato entro lo scorso 2 luglio 2018 (il 30 giugno era sabato) oppure entro il 20 agosto 2018 con applicazione della maggiorazione dello 0,40% a titolo di interessi.

Il secondo o unico acconto va, invece, versato entro il prossimo 30 novembre 2018, scadenza questa che vale sia per i titolari di partita Iva sia per i non titolari di partita Iva.

Tutti i contribuenti possono, inoltre, versare in rate mensili le somme dovute a titolo di saldo e di primo acconto delle imposte, ad eccezione dell’acconto di novembre che deve essere versato in un’unica soluzione.

Tuttavia, in caso di pagamento rateale, quest’ultimo deve essere completato entro il mese di novembre.

Sugli importi rateizzati sono dovuti gli interessi nella misura del 4% annuo, da calcolarsi, secondo il metodo commerciale, tenendo conto del periodo decorrente dal giorno successivo a quello di scadenza della prima rata fino alla data di scadenza della seconda

 

Per il periodo d’imposta 2017, dunque, l’ultima data “utile” per effettuare i versamenti è stata il 20 agosto data entro la quale era possibile pagare le imposte derivanti dalle dichiarazioni dei redditi con la maggiorazione dello 0,40%.

Trascorsa la suddetta data e omesso o effettuato parzialmente il versamento, si entra nel periodo del ravvedimento ovvero della possibilità di rimediare alla sua omissione, totale o parziale con la riduzione delle già viste sanzioni previste dall’articolo 13 del Dlgs 472/1997 e degli interessi al tasso annuo legale per ogni giorno di ritardo.

 

NB! - Esclusivamente con riferimento ai titolari di partita Iva, sono state ridefinite le rate per i soggetti che avevano deciso per la rateizzazione con prima rata da versarsi nel periodo 3 luglio – 20 agosto, e ciò in virtù del fatto che in tal caso al 20 agosto cadeva anche la seconda rata.

 

Decorrenza del ravvedimento

Si ricorda che per calcolare il termine per il ravvedimento in assenza di versamenti, bisogna far partire il conteggio dei giorni a partire dalla data di scadenza ordinaria e cioè quest’anno il 2 luglio e non il 20 agosto. Se il contribuente non ha versato alcun importo, né entro il 2 luglio né entro il 20 agosto, il termine cui fare riferimento per il calcolo delle somme dovute sia in sede di ravvedimento (parziale o meno) che di recupero da parte degli uffici è il 2 luglio scorso (Circolare 27 del 2 agosto 2013).

Se, invece, è stato effettuato un versamento insufficiente nel periodo della maggiorazione (ossia dal 3 luglio al 20 agosto) e si intende regolarizzarlo, il termine per il ravvedimento in questo caso decorre dalla scadenza di pagamento con maggiorazione dello 0,40% ossia dal 20 agosto 2018.


Se, ad esempio, il 20 agosto 2018 è stato versato erroneamente a titolo di saldo Ires 2017 l’importo di 10mila euro (più la maggiorazione), anziché quanto dovuto (es. 12.000), per il ravvedimento non si dovrà dunque prendere a riferimento la scadenza originaria del 2 luglio, ma si potrà versare solo la differenza, da calcolare sul residuo tributo dovuto, comprensivo della maggiorazione dello 0,40%.

In questo caso, il versamento aggiuntivo dovrà essere in totale di 2.000 euro più la maggiorazione dello 0.40%, a cui si dovranno aggiungere gli interessi calcolati dalla scadenza del termine e le sanzioni ridotte, calcolate a partire dal 20 agosto scorso.

 

Sanzioni da ravvedimento

 

Periodo

Sanzione

Sanzione ridotta

Dal 1° al 14° giorno

1% per ogni giorno di ritardo

0.1% 1/10 per ogni giorno di ritardo con sanzione massima di 1.4% entro il 14° giorno

Dal 15° al 30° giorno

15%

1.5%

(1/10 del 15%)

Dal 30° al 90° giorno

15%

1.67%

(1/9 del 15%)

Oltre i 90 giorni ed entro i termini di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione.

30%

3.75%

(1/8 del 30%)

Entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo in cui è stata commessa la violazione.

30%

4.29%

(1/7 del 30%)

Oltre i termini per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso in cui è stata commessa la violazione

30%

5%

(1/6 del 30%)

 

Il versamento rateale

Nella ipotesi di versamento rateale delle imposte con decorrenza dal 20 agosto (sia per i titolari o meno di partita Iva), e non si è provveduto al versamento della prima rata, non era possibile ravvedere la singola rata del 20 agosto comprensiva dello 0,4%, ma si doveva rideterminare il piano di ammortamento togliendo la maggiorazione e ravvedendo, se titolare di partita Iva, le rate del 2 luglio, del 16 luglio e quella del 20 agosto continuando poi, il piano rateale alle scadenze successive senza lo 0,4%.

 

Per i titolari di partita Iva che non hanno versato entrambe le rate in scadenza il 20 agosto, non sarà possibile ravvedersi avvalendosi delle disposizioni del Dpcm del 10 agosto scorso, perché il provvedimento riguarda solo i soggetti che hanno versato con la maggiorazione.

 

NB! - Il DPCM del 10 agosto 2018 ha previsto per i soggetti titolari di partita Iva tenuti ai versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi (Ires e Irap) che optano per il pagamento rateale, la possibilità di effettuare i versamenti, con la maggiorazione dello 0,40% in rate mensili di pari importo alle scadenze del 20 agosto 2018, 17 settembre 2018, 16 ottobre 2018, 16 novembre 2018

 

Anche qui vale la regola per cui il termine per ravvedersi decorre, in assenza di versamenti, dalla data di scadenza ordinaria (la prima), ossia dal 2 luglio scorso e non dal 20 agosto.

 

Presentazione delle delega a zero

In presenza di una delega a zero, ovvero nel caso in cui l’importo compensato è uguale all’importo a debito, il versamento dovuto alla scadenza del 20 agosto doveva essere determinato senza la maggiorazione prevista dello 0,40%.

Se a seguito della compensazione, l’importo delle somme a debito risultava superiore a quello delle somme a credito, la maggiorazione dello 0,40%, andava applicata solo sul debito restante dopo la compensazione.

In caso di mancata presentazione del modello F24 compensato, l’operazione è sanabile ricorrendo al ravvedimento operoso (Risoluzione 36 del 20 marzo 2017), determinando la sanzione in considerazione dell’intervallo temporale che vi è tra la violazione e la regolarizzazione.

Per l’omessa presentazione del modello di versamento contenente i dati relativi alla compensazione è prevista una sanzione pari:

Anche in questo caso per perfezionare il ravvedimento bisogna fare riferimento alla scadenza originaria e supposto un ravvedimento effettuato il 30 agosto 2018 di una delega a zero la sanzione dovrà essere calcolata con riferimento alla scadenza del 2 luglio.

Se in un altro caso, il ravvedimento riguarda l’omesso versamento di una delega compensabile parzialmente, e la cui scadenza era stata originariamente impostata al 20 agosto, si dovrà in questo caso togliere la maggiorazione dello 0,40% nel rideterminare l’importo.

 

Quadro Normativo

D. Lgs. n. 471 del 18 dicembre 1997

D. Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997

Circolare Agenzia delle Entrate n. 23 del 9 giugno 2015

Circolare Agenzia delle Entrate n. 42 del 12 ottobre 2016

Legge n. 190 del 23 dicembre 2014

D.L. n. 158 del 24 settembre 2015

Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 36 del 20 marzo 2017

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