E’ ormai noto come la rivoluzionaria sentenza resa qualche giorno fa dalla Corte di Cassazione (n. 11504 del 10 maggio 2017) abbia “mandato in soffitta “il criterio tradizionalmente utilizzato per la determinazione dell’assegno di divorzio – ossia la conservazione del tenore di vita avuto in costanza di matrimonio – per sostituirlo con quello della indipendenza economica del coniuge richiedente. Quale conseguenza inevitabile, alla luce dell’anzidetta pronuncia, sono già numerosi i ricorsi sporti per la revisione dell’assegno divorzile.
La Cassazione - si rammenta - ha ritenuto che il divorzio, a differenza della separazione, estingue il rapporto matrimoniale sia sul piano personale che su quello patrimoniale; sicché ogni riferimento a tale rapporto, anche se solo sul piano economico, finisce illegittimamente per ripristinarlo.
Non è dunque configurabile alcun interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il medesimo tenore di vita matrimoniale, in quanto l’interesse essenzialmente tutelato con l’assegno di divorzio, non è tanto il riequilibrio delle condizioni dei coniugi, quanto piuttosto quello del raggiungimento dell’indipendenza economica (funzione assistenziale).
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