A seguito di un’ispezione della Guardia di finanza, che aveva riscontrato nella contabilità di una società l’iscrizione di una minusvalenza ottenuta imputando come prezzo di cessione dei diritti di opzione su azioni un valore inferiore a quello “normale”, la Ctr del Piemonte - con sentenza n. 34/38/10 - è intervenuta per risolvere la questione già passata in primo grado.
Secondo la GdF, nel calcolare il valore “normale” dei diritti di opzione non era stato seguito correttamente il calcolo della media aritmetica dei prezzi delle azioni nell’ultimo mese precedente la cessione, così come richiesto dall’articolo 9, comma 4, lettera a) del Tuir e, poi, di seguito specificato anche dalla circolare n. 30/E/2000.
Per i verificatori, nel disattendere il suddetto calcolo, la società aveva rilevato un prezzo di cessione inferiore, con la conseguente iscrizione in contabilità di costi non deducibili.
La Commissione tributaria, ribadendo quanto già precisato dai giudici provinciali, riconosce che la semplice media aritmetica può non essere esaustiva se non si tiene conto anche del numero delle transazioni realmente effettuate. Si pensi, per esempio, al caso in cui nel periodo di riferimento si effettuino pochi scambi a prezzi molto differenti tra di loro. Pertanto, per valutare correttamente il valore “normale” si deve prendere in considerazione il numero esatto delle quantità movimentate e i loro reali prezzi di transazione. Dunque, per l’esatto calcolo del prezzo di cessione dei diritti di opzione su azioni è necessario ricorrere non tanto alla media aritmetica semplice, quanto alla media aritmetica ponderata. La Ctr ha così riconosciuto esatta la procedura applicata dalla società.
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