Proposito di vendetta? Non è legittima difesa

Pubblicato il 30 aprile 2019

Deve essere esclusa la configurabilità dell’esimente della legittima difesa nelle ipotesi in cui lo scontro tra due soggetti possa essere inserito in un quadro complessivo di sfida.

In questi casi, infatti, ognuno dei partecipanti risulta animato da volontà aggressiva nei confronti dell'altro e quindi, indipendentemente dal fatto che le intenzioni siano dichiarate o siano implicite nel comportamento tenuto dai contendenti, “nessuno di loro può invocare la necessità di difesa in una situazione di pericolo che ha contribuito a determinare e che non può avere il carattere della inevitabilità”.

Niente esimente in caso di sfida

E’ quanto spiegato dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 17787 del 29 aprile 2019 e con cui è stata esclusa la scriminante della legittima difesa in capo ad un uomo che aveva partecipato ad una rissa.

Questi aveva avanzato ricorso averso la decisione di merito con cui era stato condannato per il reato di lesioni personali mentre l’altro contendente era stato ritenuto colpevole per il reato di percosse.

Lo stesso aveva lamentato il mancato riconoscimento, in suo favore, dell’esimente in oggetto, pur essendo emerso, dalle prove assunte, di essere stato inizialmente aggredito dall’altro soggetto coinvolto, il quale aveva dato inizio alla colluttazione spintonandolo e facendolo cadere a terra.

Il ricorrente aveva, ossia, dedotto di essersi limitato a reagire all'aggressione dell'altro con una difesa proporzionata all'offesa.

Esclusa la sussistenza della scriminante

Conclusioni, queste, non condivise dalla Quinta sezione penale che, ritenendo il ricorso manifestamente inammissibile, ha evidenziato come, sulla base della ricostruzione dei fatti, fosse emerso che l’imputato aveva colpito la controparte non perché costretto dalla necessità di difendersi, ma perché animato dal proposito di vendetta.

Anche se la zuffa era stata iniziata dall’avversario, infatti, il ricorrente, dopo essere stato aggredito ed essere caduto a terra, aveva, allo scopo di vendicarsi, a sua volta attaccato ripetutamente e con grande aggressività l’altro soggetto, riuscendo a colpirlo e cagionandogli lesioni personali.

Nella situazione descritta, quindi, era certamente da escludere che sussistessero i presupposti di cui all'articolo 52 cod. pen. e, conseguentemente, l’operatività della scriminante della legittima difesa.

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