Ai sensi dell’articolo 365 del Codice di procedura civile, la procura rilasciata all’avvocato iscritto nell’apposito albo e necessaria per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, con specifico riferimento alla fase di legittimità, dopo la pubblicazione della sentenza impugnata.
Ne consegue che è “inidonea allo scopo”, e come tale determina l’inammissibilità del ricorso, una procura che sia stata apposta in margine o in calce all’atto introduttivo del giudizio di merito, ancorché conferita per tutti i gradi e le fasi del giudizio.
In detto contesto, le eventuali spese di giudizio vanno addebitate al difensore, in quanto, appunto, “l’attività svolta non riverbera alcun effetto sulla parte e resta nell’esclusiva responsabilità del legale”.
Difatti, come pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, in materia di spese processuali, nel caso di ricorso per cassazione proposto dal difensore in assenza di procura speciale da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire in giudizio, "l’attività svolta non riverbera alcun effetto sulla parte e resta nell’esclusiva responsabilità del legale, di cui è ammissibile la condanna al pagamento delle spese del giudizio”.
Il presente e consolidato principio è stato ribadito dalla Corte di cassazione nel testo dell’ordinanza n. 15895 del 26 giugno 2017, con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso in cassazione proposto da un avvocato sulla base di una delega presente in calce all’atto di appello.
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