La normativa italiana sul metodo del pro-rata dell'Imposta sul valore aggiunto per le imprese miste è in contrasto con la direttiva comunitaria Iva. Questo, in estrema sintesi, il sunto del parere dell'Avvocato generale della Corte di giustizia Ue espresso sulla domanda pregiudiziale – procedimento C-378/15 del 29 giugno 2016, promossa dalla Ctr del Lazio per sapere appunto se la normativa e la prassi nazionale fossero conformi alle regole europee.
La questione analizzata è stata sollevata in relazione ad una controversia avente ad oggetto la pretesa avanzata dall'Amministrazione finanziaria di imporre il metodo del pro-rata Iva ad un soggetto passivo che ha esteso la propria attività abbinando ad una operazione esente, come è quella finanziaria, una imponibile, come il leasing.
Nello specifico, infatti, l'impresa, a cui era stato imposto dal Fisco italiano di applicare il pro-rata Iva, esercitava un'attività commerciale imponibile, contemporaneamente all'erogazione di prestiti alle società controllate da cui ne ricavava interessi esenti dall'Imposta.
L'impresa sosteneva che le operazioni esenti dovevano essere considerate escluse dal pro-ata (art. 19-bis Dpr 633/72), in quanto accessorie o strumentali all'attività commerciale, contestando così la pretesa del Fisco.
Le regole Iva applicabili in Italia prevedono che se l'impresa svolge un’attività esente e un'attività imponibile, la detrazione Iva deve avvenire in base a uno specifico rapporto definito “pro-rata”, che è determinato dal rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno. Pertanto, la percentuale di detrazione calcolata in questo modo viene applicata alla totalità degli acquisti effettuati nell’anno, indipendentemente dal fatto che siano utilizzati nell’ambito dell’attività esente, o con riferimento all’attività imponibile o ancora per usi promiscui.
Il suddetto articolo 19-bis sancisce, poi, che se le operazioni effettuate non formano oggetto dell’attività propria dell’impresa non si applica il pro-rata, ma solo l'indetraibilità specifica dell’Iva afferente i beni e servizi relativi a operazioni esenti (nel caso di specie le operazioni finanziarie di ammontare insignificante).
La Corte di giustizia Ue è stata adita per esprimersi sulla corretta interpretazione dell'articolo 17, paragrafo 5, comma 3, lettera d) della Sesta Direttiva, che autorizza gli Stati membri a derogare alla regola generale del calcolo del pro-rata di detrazione e, di conseguenza, per vedere se il metodo del pro-rata come disciplinato dal sistema fiscale italiano sia compatibile o meno con il diritto europeo.
l’Avvocato Generale - nella sentenza relativa alla causa C-378/15 - ribadisce che la direttiva comunitaria ammette la detrazione Iva in base al metodo del pro-rata solo sugli acquisti di beni e servizi aventi “destinazione mista”, ossia destinati contemporaneamente alle operazioni imponibili ed alle operazioni esenti.
Ne deriva che la norma di cui al comma 5 dell'articolo 19 del Dpr 633/72, che prevede l'applicazione del pro-rata alla totalità dei beni e servizi acquistati, non è compatibile con il quadro europeo, dovendo il meccanismo proporzionale applicarsi soltanto ai beni e servizi utilizzati promiscuamente sia per operazioni con diritto a detrazione sia per operazioni esenti.
Per tali ragioni l'Avvocato generale chiede alla Corte Ue di esprimersi sulla non conformità della normativa italiana, dichiarando il metodo di calcolo del pro-rata italiano incompatibile.
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