, con la sentenza numero 58 del 6 febbraio scorso, è intervenuta per esaminare una questione di legittimità costituzionale, sorta in seguito alla revisione del regime sanzionatorio da applicarsi alla disciplina del lavoro temporaneo, di cui alla legge numero 196 del 1997. Originariamente, la sanzione prevista dall’articolo 10, comma 2, stabiliva che qualora il contratto di prestazione di lavoro temporaneo fosse privo di forma scritta o dell’indicazione della data di inizio del termine dell’attività lavorativa presso l’utilizzatore, si sarebbe trasformato in contratto a tempo indeterminato alle dipendente del fornitore. 2001 era intervenuta sulla materia sostituendo l’iniziale espressione “a tempo indeterminato” con quella “a tempo determinato”. si è espressa sulla illegittimità di tale revisione della sanzione, sollevata con ordinanza del Tribunale di Torino, evidenziando una violazione sia del principio di ragionevolezza (articolo 3, primo comma Costituzione) che di quello di tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (articolo 35, primo comma Costituzione). E’ evidente, infatti, che in caso di applicazione della sanzione, la parte debole del rapporto, e cioè il lavoratore, ricevesse (con la trasformazione del rapporto di lavoro in un contratto a tempo determinato) una tutela inferiore rispetto al tipo contrattuale voluto dalle parti (contratto a tempo indeterminato).
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