Il commercialista che vuole fruire della rivalutazione delle proprie partecipazioni sociali, ex art. 5 della L. 448/2001, non può fare da sé: la perizia, pur non avendo elementi di falsità o inattendibilità nel contenuto, non può essere redatta dal contribuente stesso, senza che vi partecipi il collega che la legge e la sottoscrive.
La Cassazione, con l'ordinanza n. 13636 del 30 maggio 2018, chiarisce che il Fisco può contestare la validità della perizia giurata di stima fornita da un commercialista, se redatta dallo stesso e firmata da un collega con cui il professionista è in rapporti di debito-credito.
Nel caso di specie, poi, con il collega il commercialista era legato da rapporti anche di tipo illecito, in quanto coinvolti in un procedimento penale per ripartizione di compensi professionali rinvenienti da incarichi giudiziari.
L’atto non fa fede fino a querela di falso se carente dei requisiti di affidabilità e obiettività di giudizio.
Lo stimatore deve operare in una posizione di terzietà ed obiettività valutativa.
Dunque, è legittimo che l'amministrazione neghi l’agevolazione fiscale, anche se la perizia non presenti falsità nel contenuto, in quanto essa non rispetta comunque i requisiti di legge di oggettività, imparzialità e disinteresse valutativo nel redattore.
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