Parere contrario del Consiglio di Stato sulle modifiche dei parametri dei notai

Pubblicato il 28 febbraio 2013 Il Consiglio di stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, con parere n. 237 pubblicato il 26 febbraio 2013, si è occupato dello schema del decreto del ministero della Giustizia concernente il “Regolamento recante integrazioni e modificazioni al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140” sulla determinazione dei parametri per le professioni regolamentate.

Le modifiche introdotte con il Regolamento citato, in particolare, riguardano i parametri per la liquidazione dei compensi della categoria notarile e sono giustificate, nella relazione dell’Amministrazione, dall’esigenza di superare alcune criticità emerse nel confronto con l’ordine professionale dei notai.

A parere del Collegio amministrativo, nel dettaglio, le ragioni di un nuovo intervento normativo a così breve distanza dall’entrata in vigore del Decreto ministeriale n. 140 non risulterebbero del tutto evidenti, anche perché – viene sottolineato – “nulla viene precisato con riferimento alle modalità con cui è avvenuto (o sta avvenendo) il confronto con gli ordini professionali, e in base a quali dati o elementi sono emerse le richiamate criticità”. Una simile rilevazione era già stata effettuata dal Consiglio di stato nel parere del 20 dicembre 2012 reso con riferimento alle modifiche proposte per gli avvocati.

Il nuovo decreto, oltre a ciò, metterebbe a rischio l’uniformità dei principi di liberalizzazione per tutte le professioni che aveva caratterizzato la scelta dell’amministrazione di procedere all’emanazione di un unico regolamento valido per tutte le professioni regolamentate (Decreto del Presidente della Repubblica n. 137/2012).

Inoltre – si legge nel testo del parere – “se la finalità della modifica fosse quella di introdurre una suddivisione delle fasi dell’attività del notaio per poi procedere ad una liquidazione del compenso per ogni singola fase, la Sezione non può che esprimere la propria contrarietà a tale intervento, che determinerebbe un sensibile aumento del valore medio del compenso liquidabile da parte del giudice e rischierebbe di vanificare la ratio della riforma” di abolizione delle tariffe.
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