Il decreto legge n. 78/2010, al fine di accelerare la procedura di riscossione, ha modificato l’articolo 47 del decreto legislativo n. 546/1992, fissando un periodo di tempo limitato di validità dei provvedimenti cautelari emanati dalle Commissioni tributarie.
Le imposte sui redditi e l’Iva accertata dovranno essere pagate entro il termine per la proposizione del ricorso, per non far scattare la procedura esecutiva. Cioè, l’avviso di accertamento notificato dall’ufficio diventerà titolo esecutivo e conterrà l’intimazione ad adempiere, per cui non sarà più seguito dalla cartella di pagamento. Obiettivo della Manovra è non solo di velocizzare la riscossione ma anche di favorire una contrazione degli atti impugnabili, che contribuirà alla riduzione del contenzioso tributario. L’articolo 38 del decreto correttivo, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, dispone, così, le seguenti novità:
- la sospensione concessa dai giudici tributari, per le ordinanze adottate dal 31 maggio 2010, data di entrata in vigore della Manovra, non può superare i 150 giorni;
- con il provvedimento che accoglie l'istanza di sospensione, il giudice fissa la data dell'udienza di trattazione nel termine di trenta giorni. La causa è decisa nei successivi 120. Allo scadere del termine di 150 giorni dalla data di emanazione del provvedimento di sospensione, il provvedimento perde efficacia;
- le ordinanze adottate prima della data indicata restano efficaci, invece, fino al deposito della sentenza di primo grado. In altri termini, per evitare il cosiddetto “effetto tagliola”, gli atti emanati prima dell’entrata in vigore delle nuove norme restano soggetti alla disciplina precedente per evitare, in caso di perdita di efficacia in via retroattiva, il travolgimento dei diritti dei contribuenti.
Le suddette modifiche normative non mettono al riparo, però, da eventuali rischi di illegittimità. Da una interpretazione letterale del decreto correttivo sembrerebbe, infatti, che il contribuente vada incontro al rischio di pregiudizio patrimoniale non dipendente in alcun modo dalla sua condotta. Si pensi, per esempio, al caso in cui il giudice dopo aver ravvisato il grave pregiudizio accordi una sospensiva, che per ragioni esclusivamente organizzative viene rinviata di sei mesi. Il contribuente, in tale ipotesi, potrebbe essere sottoposto alle azioni esecutive dell’agente di riscossione per una causa a lui non imputabile, con grave pregiudizio degli articoli costituzionali a tutela delle disparità di trattamento (articoli 3 e 24 della Costituzione).
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