Anche se il padre è un capo famiglia autoritario ed intransigente che non riesce a comunicare con i figli e che spesso utilizza atteggiamenti assai severi, aggressivi ed iracondi, lo stesso non può essere condannato per il reato di maltrattamenti in famiglia, qualora non sia provata la necessaria sussistenza del dolo abituale, che caratterizza il delitto in questione.
Non è difatti sufficiente richiamare il generico criterio per il quale non è necessario uno specifico programma criminoso. Serve invece provare la coscienza e la volontà dell’imputato di persistere in un’attività vessatoria diretta a ledere la personalità della vittima.
E’ quanto enunciato dalla Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 17574 del 6 aprile 2017.
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