Omicidio colposo per il medico, se il paziente muore dopo dimissioni “frettolose”
Pubblicato il 14 marzo 2015
Con
sentenza n. 10972 depositata il 13 marzo 2015, la Corte di Cassazione, quarta sezione penale, respingendo il ricorso di un medico di pronto soccorso, ne ha confermato la
responsabilità ex art. 589 c.p., per aver egli
dimesso un paziente, senza sottoporlo ad ulteriori accertamenti, che avrebbero presumibilmente permesso di diagnosticare la sindrome da cui quest’ultimo era affetto e di prevenirne il decesso.
Ha rilevato la Cassazione, in particolare, come la condotta del medico imputato, si sarebbe qui sostanziata in una
“macro” omissione circa la necessità di una più approfondita valutazione del paziente ricoverato (da tenersi in osservazione almeno altre 24 ore), anche in considerazione dell’età avanzata di quest’ultimo, nonché delle plurime e gravi patologie da cui era affetto.
Tale comportamento deve ritenersi dunque – a detta della Cassazione e come già precisato in secondo grado – di per sé
gravemente colposo e tale da non poter essere ricondotto nell’ambito di applicazione della Legge 189/2012 art. 3, che esclude la rilevanza penale della colpa lieve, in caso di condotte tenute in osservanza di linee guida o pratiche terapeutiche virtuose, accreditate dalla comunità scientifica.
La Suprema Corte ha poi ritenuto qui
sussistere il nesso causale, in quanto l’evento morboso che avrebbe provocato la morte del paziente, sarebbe probabilmente sussistito sin dall’ingresso in ospedale.
Sicché, una condotta maggiormente scrupolosa da parte del medico e rispettosa delle migliori prassi del caso, sarebbe stata idonea, seppur ipoteticamente, ad evitare l’evento morte o quantomeno a ritardarne la sopravvenienza.