Omessa Iva della società, amministratori condannati

Pubblicato il 04 dicembre 2020

E’ l'amministratore in carica al momento della scadenza del termine che risponde del reato di omesso versamento dell'IVA commesso in favore della società, anche se persona diversa da chi ebbe a presentare la relativa dichiarazione.

Sussiste infatti il dolo generico richiesto dalla fattispecie incriminatrice, salvo il caso in cui sia configurabile una causa di non punibilità.

Lo ha ricordato la Suprema corte nel testo della sentenza n. 34475 del 4 dicembre 2020, con cui è stato sottolineato che il precetto penale di cui all'art. 10-ter d.lgs. 74 del 2000 è diretto a chi ha il potere-dovere di adempiere l'obbligo fiscale penalmente sanzionato.

Orbene, nelle società - salvo che sia diversamente disposto dallo statuto - tale incombenza spetta a chi ricopre la carica di amministratore.

Per la consolidata giurisprudenza in tema di reati omissivi, inoltre, l'amministratore della società risponde anche se si tratti di mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali amministratori di fatto, in quanto “l'accettazione della carica attribuisce allo stesso doveri di vigilanza e controllo sulla corretta gestione degli affari sociali, il cui mancato rispetto comporta responsabilità a titolo di dolo generico, nell'ipotesi di accertata consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, ovvero a titolo di dolo eventuale in caso di semplice accettazione del rischio che questi si verifichino”.

Più amministratori con poteri gestori? Tutti condannati

Qualora, poi, gli amministratori di diritto siano più di uno, deve ritenersi che tutti i manager con poteri gestori siano egualmente destinatari del precetto penale, trattandosi sempre e comunque di responsabilità per reato omissivo proprio e non già di responsabilità per fatto altrui ovvero di responsabilità per concorso nell'altrui reato proprio.

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