Il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine, comporta che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità sia praticabile solo come “soluzione estrema”. Pertanto, solo nell'ipotesi in cui, a prescindere dagli intendimenti dei genitori e dei parenti – e nella specie, in particolare, dei nonni – la vita offerta da questi ultimi sia inadatta al normale sviluppo fisico e psichico del minore, ricorre la situazione di abbandono ai sensi dell’art. 8 Legge 184/1983.
La ribadita e seria disponibilità dei nonni, quali figure sostitutive dei genitori, a prendersi cura del minore, può valere dunque ad integrare, se concretamente accertata e verificata, il presupposto giuridico per escludere la situazione di abbandono di cui al menzionato art. 8 Legge 184/1983 e quindi la dichiarazione di adottabilità.
Ed a tal fine non rileva, di per sé, l’esigenza di non separare il minore dal proprio fratello, non concretando detta necessità un presupposto contemplato dalla suindicata normativa.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con sentenza n. 23979 depositata il 24 novembre 2015, accogliendo il ricorso di due nonni, avverso la decisione di dichiarare in stato di abbandono (e dunque di adozione) il proprio nipote, senza accordare preferenza alla loro richiesta di prendersene cura. Ciò sul solo presupposto – giudicato poi errato dalla Cassazione – secondo cui l'adozione del solo minore loro nipote (l’altro minore era infatti di padre diverso) ne avrebbe provocato un distacco traumatico dal fratello unilaterale.
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