Non serve la chirurgia per rettificare il sesso all'anagrafe

Pubblicato il 21 luglio 2015

Con sentenza n. 15138 depositata il 20 luglio 2015, la Corte di Cassazione, prima sezione civile, ha accolto il ricorso di un soggetto, volto ad ottenere la rettifica dei propri dati anagrafici di sesso - da maschile a femminile – senza tuttavia essersi preventivamente sottoposto ad intervento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali.

L'istanza del ricorrente era stata respinta sia in primo che secondo grado, sull'assunto che – come argomentato dalla Corte territoriale – l'interpretazione della L. 164/1982 ("Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso") richiedesse, ai fini della rettifica dell'atto di nascita, la modificazione dei caratteri sessuali sia primari (organi genitali e riproduttivi) che secondari (conformazione del corpo, timbro della voce, atteggiamenti).

Invero il reclamante aveva completato solo il percorso di modifica dei suoi caratteri secondari, attraverso diversi e ripetuti trattamenti estetici ed ormonali.

La Cassazione, viceversa, nell'accogliere le censure del ricorrente, ha contestato l'interpretazione avallata dai giudici di merito, considerandola eccessivamente "statica"ed in palese contrasto sia con l'orientamento della Corte Costituzionale che con i principi espressi dalla Cedu.

Negli ultimi anni infatti – ha precisato la Corte Suprema - si è avuto un progressivo sviluppo della scienza medica, psichiatrica e psicologica, insieme alla crescita della cultura – ampiamente condivisa a livello europeo – dei diritti delle persone, comprese quelle transessuali.

Alla luce di tale mutato scenario, deve dunque ritenersi che l'interesse pubblico alla definizione certa dei generi, non richieda il sacrificio del diritto alla conservazione della propria integrità psico – fisica, sotto lo specifico profilo dell'obbligo di intervento chirurgico. L'acquisizione di una nuova identità di genere infatti, può essere anche il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto sia verificata, se necessario, anche mediante accertamenti tecnici in sede giudiziale.

Ora nel caso di specie, le consulenze tecniche d'ufficio - che hanno ampiamente ricostruito il percorso terapeutico seguito dal ricorrente – non lasciano alcun dubbio circa la radicalità della sua scelta. Sicché la mancanza di intervento non può essere considerata unica ragione ostativa alla richiesta rettifica anagrafica.

 

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