Non è sempre diffamatoria la critica “sferzante” ad un personaggio pubblico
Pubblicato il 11 febbraio 2015
La
critica giornalistica presenta dei
limiti più ampi, quando abbia ad oggetto un
personaggio pubblico e riguardi
fatti di particolare interesse sociale, la cui
veridicità sia stata confermata.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, prima sezione penale, con sentenza n.
5695 depositata il 6 febbraio 2015, in accoglimento del ricorso presentato dagli autori di due articoli giornalistici, avverso l’ordinanza di sequestro dei medesimi.
Le pubblicazioni in questione, effettuate nel sito web di un giornale di diffusione nazionale, erano state dapprima ritenute diffamatorie nei confronti di una
nota carica politica.
Nel disporre l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza di sequestro, la Cassazione ha innanzitutto affermato come la
critica politica debba considerarsi
lecita, finché
non colpisca la persona direttamente.
E nel caso di specie, non vi è stata alcuna aggressione alla sfera personale del soggetto interessato, poiché lo stesso è stato colpito
esclusivamente nella sua “veste pubblica”.
Nella critica giornalistica, tra l’altro, è anche ammesso il ricorso a
parole sferzanti, purché siano relative ai fatti narrati e revocati, la cui veridicità sia stata ovviamente attestata.
E tale considerazione è vera a maggior ragione, laddove si miri alla dissacrazione di un personaggio pubblico, con il legittimo intento di
colpire l’opinione e
stimolare la conoscenza di tematiche di indubbia rilevanza sociale.
D’altra parte - ha ricordato ancora la Cassazione – tanto
maggiore è il potere esercitato da un soggetto, quanto maggiore diviene la sua
esposizione alla critica, in considerazione del rigido
controllo dell’opinione pubblica cui è inevitabilmente sottoposto.