Con ordinanza n. 1, depositata il 4 gennaio 2016, la Corte di Cassazione, sezione civile – T ha respinto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, avverso la pronuncia con cui la Ctr aveva dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art. 395 numero 4 c.p.c., il ricorso per revocazione prodotto dall'Ufficio contro la sentenza della medesima Commissione Tributaria.
La Commissione Regionale, infatti, aveva dapprima negato che il mancato accertamento dell'omesso deposito, da parte del contribuente, della copia dell'appello presso la Segreteria della Commissione Tributaria Provinciale (come avvenuto nel caso di specie) costituisse un errore revocatorio ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c., affermando che si trattasse piuttosto di un errore in procedendo di omessa declaratoria di inammissibilità dell'appello ex art. 53 D.Lgs 546/1992.
Della medesima opinione la Suprema Corte, secondo cui, perché una sentenza possa considerarsi affetta da errore revocatorio, è necessario che la errata supposizione della sussistenza o insussistenza di un fatto sia espressa o implicita.
Qualora invece la sentenza, senza dare espressamente conto della esistenza o inesistenza di un determinato fatto, come nel caso de quo, si limiti a pronunciare una decisione che giuridicamente presupponga l'esistenza (o l'inesistenza ) di tale fatto, non sussiste un errore revocatorio, ma un'omessa percezione del medesimo, come tale censurabile con il mezzo di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. in riferimento ai fatti sostanziali e con il mezzo di cui all'art. 360 n. 4 c.p.c. in riferimento ai fatti processuali.
In altre parole, secondo gli ermellini, l'omessa valutazione di un fatto, tra cui anche di formalità previste e proprie del processo tributario (deposito atto di appello) che potrebbe essere fondamentale per l'ammissibilità dell'impugnazione, non costituisce un errore ai fini della revocatoria e la decisione va impugnata secondo le regole ordinarie.
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