Non è ammissibile impugnare via Pec

Pubblicato il 27 luglio 2015

Con sentenza n. 24332 del 5 giugno 2015, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso proposto da un p.m., il cui appello contro la pronuncia del Gip (che confermava il rigetto della misura cautelare personale) era stato dichiarato inammissibile, perché non presentato nelle forme di legge, bensì tramite posta elettronica certificata.

Ha motivato in proposito la Cassazione - nel respingere la censura sollevata - come le modalità di presentazione dell'impugnazione disciplinate dall'art. 583 c.p.p. (che sia applica anche ai pubblici ministeri) siano tassative e non ammettano equipollenti.

Risulta pertanto inammissibile l'atto di impugnazione spedito mediante Pec (forma non contemplata nel predetto articolo), anche perché – a detta dei giudici di legittimità – tale modalità non consente la trasmissione dell'atto in originale, né garantisce la sicura riferibilità dell'atto medesimo alla persona legittimata ad adottarlo. La Pec infatti – precisa la Corte – al pari del fax, garantisce solo la provenienza del documento dall' ufficio amministrativo che lo spedisce.

Sebbene la normativa in materia (D.l. 179/2012) consenta l'uso della Posta certificata anche in ambito di processo penale, ciò vale tuttavia per le sole notificazioni, a cura della cancelleria, a persone diverse dall'imputato .

Nè assume rilievo, in proposito, l'argomentazione di parte ricorrente, secondo cui il D.Lgs 82/2005 equiparerebbe la trasmissione di un documento via Pec con quella mediante posta raccomandata, poiché tale norma fa comunque salva la normativa specifica di settore. Normativa che, nel caso de quo, è proprio l'art. 583 c.p.p. , il quale prevede, quali modalità di trasmissione dell'impugnazione alternative ma tassative, esclusivamente la posta raccomandata, la presentazione personale ed il telegramma (e non anche la Pec).

 

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