In ambito penale, la nomina del difensore di fiducia, anche se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalità indicate dall’articolo 96 del Codice di procedura penale, è da ritenere valida qualora ricorrano elementi inequivoci dai quali desumere la designazione del difensore ed il conferimento del mandato fiduciario.
E’ quanto precisato dalla Quinta sezione penale di Cassazione nel testo della sentenza n. 36885 del 25 luglio 2017, pronunciata nell’ambito di una vicenda in cui la volontà dell’imputato di nominare un determinato difensore di fiducia è stata considerata evidente in quanto l'avvocato era stato presente all’assunzione delle sommarie informazioni del primo, senza che quest’ultimo avesse disconosciuto il detto mandato difensivo e posto che il difensore medesimo aveva anche depositato una memoria difensiva in favore del suo assistito.
Per i giudici di legittimità, ovvero, la nomina dell’avvocato di fiducia era intervenuta per fatti concludenti in ragione delle circostanze fattuali dedotte.
Ne conseguiva la validità ed efficaci della designazione, anche in mancanza di una formale investitura ai sensi del citato articolo 96 c.p.p.
Nella specifica vicenda, la Suprema corte ha giudicato nulle ed insanabili le sentenze di condanna emesse sia in primo e che in secondo grado nei confronti dell'imputato ricorrente, in quanto il relativo giudizio non era stato proceduto dalla notificazione dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari al difensore di fiducia nominato, appunto, per “facta concludentia”.
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